Lo sdoganamento morale della Formula 1 è già in atto

I comportamenti dei giovani piloti rompono gli schemi di questo modello tradizionale

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Che Lewis Hamilton sia un tipo particolare, almeno nell’ambiente in cui corre, ovvero quello della Formula 1, è un fatto assodato in uno sport che si è sempre caratterizzato per le sue forti tinte tradizionaliste (almeno durante il lungo regno di Bernie Ecclestone), nel quale i piloti “acqua e sapone” erano preferiti per questioni d’immagine dalle squadre e dagli sponsor.

Basti pensare a gente come James Hunt, fortemente rivalutato dagli appassionati negli ultimi anni, ma che, all’epoca, era molto criticato dai “conservatori” per i suoi atteggiamenti libertini e antiproibizionisti (basti pensare al suo rifiuto di commentare, durante il suo impiego come telecronista negli anni Ottanta, i Gran Premi che si svolgevano in Sudafrica, in quanto schierato politicamente contro l’apartheid).

Oggi, invece, coloro che rompono gli schemi, che si spingono contro questo modello tradizionale, sembrano essere i preferiti da tifosi e marchi celebri.

Hamilton si è fatto notare da tutti per i suoi atteggiamenti peculiari, come quelli riguardati il suo aspetto esteriore (i tatuaggi, il vestiario particolare, ispirato allo stile da rapper), così per le sue idee morali e politiche. Ha fatto scalpore la sua decisione di diventare vegano, che ha subito attirato molte critiche, a causa di timori su possibili effetti negativi sul suo rendimento in pista, e proprio per questo il campione ha deciso di seguire una dieta speciale preparata dalla nutrizionista del team Mercedes.

Ha, inoltre, destato scandalo il video da lui postato tempo fa su Instagram, quasi subito rimosso, nel quale faceva vedere un cane di piccola taglia che aveva un amplesso con un pupazzetto dalle fattezze del presidente degli Stati Uniti Donald Trump.

Non dimentichiamoci, poi, di Sebastian Vettel, che, nel suo piccolo, ha apportato pure lui una “rivoluzione”, sdoganando la parolaccia in mondovisione, sia scherzosa che seria. Un atteggiamento che si è visto ben poco finora tra gli sportivi tedeschi (ricordiamoci la serietà di Michael Schumacher, capace comunque di gesti degni di nota, come la sua leggendaria sbronza dopo la vittoria del titolo 2003 a Suzuka), tanto che Sergio Marchionne, presidente della Ferrari, ha affermato: “Lui è un tipo molto passionale. Se non sapessi che è tedesco lo riconoscerei come uno dell’Italia del Sud”.

Un tipo di comportamento che non sempre risulta gradito, come nel caso del “vaffa” rivolto al direttore di gara Charlie Whiting durante il GP del Messico 2016, dopo che questi avrebbe ignorato un taglio di curva da parte di Daniel Ricciardo durante un duello tra l’australiano e Sebastian.

Max Verstappen col suo atteggiamento decisamente poco rispettoso verso i veterani della Formula 1 ha sicuramente fatto storcere il naso ai tifosi di vecchia data, ma pare stia attirando moltissimi giovani verso questo sport, come dimostrano gli spalti dei Gran Premi d’Austria e del Belgio quest’anno, pieni di suoi sostenitori, tra i quali vi erano tanti bambini e ragazzi.

Poi abbiamo le mille stranezze degli altri piloti, come la goliardia di Ricciardo (lo champagne nella scarpa offerto a tutti sul podio, gli scherzi all’amico Felipe Massa sfoggiati sui social), la schietta freddezza di Kimi Raikkonen, la simpatia di Massa, l’autoironia dei piloti e team “lenti” … insomma, ce n’è per tutti i gusti.

Si può dire di tutto su questi sportivi, che forse non sono agonisticamente i migliori di sempre, ma sicuramente non abbiamo mai visto nello stesso momento così tanti personaggi particolari dai nostalgici anni Settanta e Ottanta. Una generazione sicuramente con meno peli sulla lingua rispetto a qualche anno fa, con tutto ciò che di buono e di brutto ne può derivare.

Quindi è inutile pensare di poter in un qualche modo fermare il cambiamento al livello morale e culturale della Formula 1, perché ormai esso si è già radicato. Chi ama questo sport dovrà quindi accettarlo, anche perché, con tutti i suoi difetti, non si può dire che non porti genuine novità.

Simone Pacifici