Stadio della Roma, l’inspiegabile segretezza sul rischio risarcimenti a Parnasi e Pallotta

Quale sarebbe la via scelta dalla Raggi per salvare i progetto?

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Nel dibattito del 23 marzo nell’Aula Capitolina sulla vicenda Stadio della Roma un punto sottolineato,  dai consiglieri di opposizione  De Priamo, capogruppo di Fratelli d’Italia e Fassina, di Sinistra Italiana, è stato quello dell’inspiegabile segretezza sul parere dell’Avvocatura Comunale in merito al rischio risarcimenti a Parnasi e Pallotta. Questo nel caso che il Comune revocasse la delibera Marino/Caudo del 2014 che conferisce il pubblico interesse all’operazione, cancellando così il progetto Nuovo Stadio.
Ai consiglieri che chiedevano di vedere il documento di cui molti giornali hanno parlato ma che nessuno ha letto, l’Avvocatura ha risposto che il parere è stato scritto in copia unica consegnata alla sindaca e che non più nella disponibilità degli estensori, dato che la Roma AS è una società quotata in borsa. In ogni caso stupisce la riservatezza, non tanto degli avvocati comunali che rispondono all’Amministrazione, quanto quella della  Sindaca è stata eletta dopo una martellante campagna sulla trasparenza e sul dovere di  informazione.
Quale sarebbe allora la via scelta dalla Raggi per salvare i progetto? Si va  parlando di  una “Delibera di novazione” che aggiornerebbe quella Marino/Caudo permettendo al nuovo progetto di innestarsi nell’iter procedurale del precedente. Questo nonostante le consistenti modifiche annunciate e allo scopo di risparmiare un sacco di tempo. Ma se andiamo a leggere cosa sia la “novazione” sorgono vari dubbi sul fatto che questa formulazione possa applicarsi al caso in questione. Infatti secondo l’art. 1230 del codice civile la novazione ricorre quando le parti sostituiscono all’obbligazione originaria una nuova obbligazione con oggetto o titolo diverso.
Se è un’obbligazione quella che lega Comune di Roma e Eurnova/AS Roma con la delibera del 2014, è difficile pensare che questa sia assimilabile a un contratto che produce  obblighi tra le parti. Infatti il buon fine dell’accordo è subordinato alla sua praticabilità, che in questo caso  viene stabilita dai vari passaggi amministrativi, ultimo e decisivo quello della Conferenza dei servizi. Il che significa che sino alla decisione della Conferenza non può venir assicurato al  privato nessun esito positivo “a prescindere”.
Ci si chiede ancora se sia  possibile “novare”,  introducendo  modiche sostanziali a  una delibera che stabilisce  esplicitamente che nel caso venga meno una sola delle condizioni viene meno l’interesse pubblico e quindi la delibera stessa. E’ sufficiente una delibera di Giunta per approvare, “novandolo”, l’interesse pubblico di uno studio di fattibilità  diverso da quello  di cui l’interesse pubblico è stato approvato dall’Assemblea Capitolina?
Per di più la  Delibera 132/2014 non è un contratto che stabilisce che il privato realizzi delle opere pubbliche in cambio  di un compenso – in solido o in cubature – da parte dell’amministrazione, perché ’operazione Stadio della Roma è stata condotta sulla base di una legge nazionale del  27 dicembre 2013  che subordina l’opera all’interesse pubblico, condizione  che  l’amministrazione non può modificare a suo piacimento. Quindi di che ‘novazione’ si può parlare? Oltretutto  non sono ancora stati   formalmente  esplicitati neppure gli elementi che dovrebbero assicurare l’interesse pubblico della nuova delibera (al momento si parla di “planimetrie”).
In ogni caso, la vicenda Stadio appare sempre di più come un groviglio inestricabile, in cui si mescolano aspetti giuridici poco chiari, giochi politici, interessi economici e tanta demagogia. Sarebbe ora di avviare un dibattito  alla luce del sole mettendo sul tavolo le carte. E mettendoci la faccia.
Anna Maria Bianchi Missaglia

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