Come si può criticare un programma che vince la serata? Impresa non troppo ardua se ci lasciamo ispirare dalle abilità dei vari fabiano o Dall’Orto capaci di trasformare risultati mediocri in grandi successi blaterando parole a casaccio nelle quali spiccano parole come qualità e servizio pubblico. E allora noi che si fa? Prendiamo lo stesso schema e lo usiamo per analizzare il 18,7% di Standing Ovation. In 4 milioni e 270 mila lo hanno visto, hanno scelto Rai1 per passare il proprio venerdì sera. Ma per guardare cosa? Standing Ovation, recita la sua didascalia sarebbe un appuntamento con la musica e lo spettacolo pensato per le famiglie italiane, il primo show in cui ragazzi dagli 8 ai 17 anni si esibiscono in coppia insieme ai loro genitori di fronte a 3 giurati speciali e ad un pubblico di 300 persone chiamate ad esprimere le proprie preferenze con un sistema di votazione che dà il nome al titolo, la ‘standing ovation’.
Quindi ricapitoliamo: bambini che cantano… giuria… e 300 persone che si alzano per votare.
E non poteva essere semplicemente una variante di “Ti lascio una canzone”? Ah no! Perché qui cantano genitori e figli! Un’ideona da far accapponare la pelle e apre ghiotti scenari di TV emotiva: dietro ogni coppia c’è sempre una storia, che sia intima e problematica o più solare e aperta al mondo non importa, l’intenzione è di mettere ciccia a due che altrimenti canterebbero come si fa su Rai1 da oltre dieci anni nei programmi della Clerici. Eh già perché c’è anche lei che presenta le esibizioni, gestisce il post esibizione e dice “giù la music box e si alzi la music box”. La music box, un altro elemento che dovrebbe definire che questo programma non è la solita minestra riscaldata ma un’idea originale degna di essere vista. In questa scatola vengono chiusi i tre giudici: Loredana Bertè, Nek e Romina Power, isolati dal resto del pubblico per votare senza condizionamenti. Alla terza canzone arriva a dare man forte “Il Volo” come ospite della serata ma non si riesce a impedire che la noia prenda il sopravvento. Vabbè si alzano per votare, c’è la grafica stile Parlamento durante le votazioni, tra i giurati non manca il momento “crazy” a cura di Loredana Bertè che con la scusa di essere “diretta” dice qualunque cosa le passi per la testa ma la prima domanda sorge potente: perché dovrei vedere questo programma piatto e fondamentalmente di nessuna utilità sul piano del servizio pubblico o lontano anni luce da un prodotto di qualità? Perché il papà napoletano è un ex-drogato redento che cerca un riscatto morale cantando col figlio “A città ‘e Pulecenella”?
Ma per favore, vado su Discovery a vedere un qualunque docu-reality girato in ospedale.
E poi anche il meccanismo per cui le coppie con un vissuto un po’ particolare sono quelle che riescono ad emozionare maggiormente è talmente scontato e banale da diventare insopportabile. Far leva sull’emotività non è di per sé un peccato mortale ma la retorica del meccanismo porta alla seconda inevitabile domanda: come si fa ad arrivare alla quinta puntata? “Alza la music box e abbassa la music box” con tanto di musichetta di “Ritorno al futuro” ti fanno sperare ardentemente che sia una puntata unica, uno one shot che alla fine potrebbe pure passare in cavalleria. E allora come si spiega la vittoria della serata? Nella maniera più semplice: l’abitudine ad una brutta televisione alla fine dà i suoi frutti. E poi c’è chi fa televisione più brutta della tua che a questo giro è Mediaset con l’ennesima fiction buonist/familiar/comedy/politicallycorrect che non se ne può più a immaginarle oggi che puoi vederne a tonnellate grazie a Netflix o ad Amazon. Ed è questo, forse, il dato più interessante. La tv generalista continua a non accettare la sfida con chi sta erodendo il suo regno a colpi di innovazione e qualità e continua a rispondere imperterrita con spettacoli che potrebbero tranquillamente, al netto dell’innovazione tecnologica, essere stati concepiti nel 1990. Ma oggi è ancora il giorno della vittoria. Perché quando fa comodo contano i grandi numeri altrimenti… quali erano le due paroline magiche? Ah sì, qualità e servizio pubblico. Ecco, ieri sera mancavano all’appello.
BOB