24 Ore di Le Mans, Fernando Alonso è la dimostrazione che l’automobilismo non è solo la Formula 1?

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C’era un tempo in cui i piloti erano i signori del rischio, pronti a correre da qualsiasi parte del mondo in qualunque categoria. Erano la passione, la sete di gloria a spingerli, quando i grandi premi in denaro e la vera visibilità mediatica si riducevano a quattro occasioni: il Gran Premio di Monaco di Formula 1, la 24 Ore di Le Mans, la 500 Miglia d’Indianapolis e infine ilFernando Alonso, già allora considerato il più prestigioso tra di essi, i quali però non sfiguravano affatto al suo confronto.

Questi premi se conquistati dallo stesso pilota (statisticamente il GP di Monaco e il campionato di Formula 1 sono intercambiabili) gli danno diritto a un riconoscimento puramente simbolico, ma tale da farlo divenire immortale nell’immaginario popolare: la Triple Crown. Un’impresa riuscita solo a un uomo finora, il leggendario Graham Hill, e alla quale mostri sacri del calibro di Jim Clark, Mike Hawthorn, Jochen Rindt, Mario Andretti ed Emerson Fittipaldi si sono solo avvicinati.

Non stupisce dunque che questo sia il sogno di Fernando Alonso, che domenica a Le Mans ha potuto inserire un altro importante tassello del suo puzzle. Una vittoria certamente favorita dal fatto che la Toyota da lui guidata era l’unica vettura LMP1 equipaggiata con un motore ibrido, ma dietro alla quale si celava un forte rischio derivato dalla sua temuta mancanza di affidabilità, e che ha lasciato tutti quanti col fiato sospeso fino all’ultimo giro.

Il successo dello spagnolo, ottenuto grazie anche agli sforzi dei suoi compagni di equipaggio Sébastien Buemi e Kazuki Nakajima (entrambi ex piloti di Formula 1), ci ha riportato indietro a un’epoca in cui i piloti non si concentravano su una sola categoria, ma potevano partecipare a due, addirittura tre campionati contemporaneamente. Di sicuro un grande pilota come Jacky Ickx non sarebbe mai entrato negli annali se non avesse lottato con le unghie e con i denti per conquistare tutti i trofei umanamente pensabili, vincendo sei volte la 24 Ore di Le Mans e arrivando vicino al titolo mondiale di F1 nel 1970 con la Ferrari. E questo Alonso, che domenica ha ricevuto la coppa della 24 Ore dal suddetto campione, quasi fosse un passaggio di testimone, lo sa, ribadendo più volte la sua volontà di affiancare Graham Hill come detentore della Triple Crown.

Di certo Le Mans ci ha regalato quest’anno una bella gara, anche se meno entusiasmante delle scorse edizioni a causa dell’uscita di scena di Audi e Porsche, e questo è importante, considerando che la natura delle macchine che hanno corso su questa pista leggendaria non è quella di dare spettacolo, ma di resistere per un’intera giornata col gas a martello.

Che questo, quindi, sia il segreto della rinascita dell’automobilismo? Non concentrarsi solo sulla Formula 1, ma ricreare quella magica sincronia tra di essa e le altre serie, permettendo ai suoi piloti di partecipare a gare come Le Mans e la 500 Miglia d’Indianapolis (impresa che tentò lo stesso Alonso un anno fa)?

Simone Pacifici