A quanto pare la metafora più utilizzata dal cinema italiano di questi tempi è la strada, con tutte le accezioni che ne possono scaturire. E soprattutto, la forma narrativa favorita è il documentario, che qualche dubbio sulla nostra improvvisa e anomala incapacità di fuggire dalla realtà lo pone.
Dopo il trionfo di Venezia del documentario Sacro Gra, anche all’ottava edizione del Festival Internazionale del Film di Roma trionfa un documentario (docufiction, il termine esatto) che racconta la vita sulle strade d’Europa di un camionista professore.
Tir, del Friulano Alberto Fasulo, racconta la storia, vera ma ricostruita, di un plurilaureato croato, interpretato da Branko Zavrsan, che per guadagnare di più diventa camionista in Italia. Lunghi silenzi, paesaggi spiati dal camion e dettagli di una vita di stenti, compongono un film anomalo che ha forse vinto a sorpresa ma con un verdetto che non ha subito contestazioni.
Certo è che il senso di virtualità di questo festival è confermato anche dalle decisioni della giuria, difformi da quelle del pubblico (che ha scelto e premiato Dallas Buyers Club del canadese Jean-Marc Vallée). Come giudicare, altrimenti, il premio per la miglior interprete a Scarlett Johansson che in Her non compare mai, se non in voce? Tanto per non smentire la virtualità che ha avvolto questo festival, tra l’altro, né Scarlett Johansson né Matthew McConaughey, premiato come miglior attore per Dallas Buyers Club, erano presenti alla cerimonia di premiazione.
Anche il bilancio finale in cifre diramato dalla direzione del festival ha un che di virtuale: le presenze alle proiezioni sono solo ‘stimate’ e indicate in 150mila (cioè, non sanno quanti biglietti hanno venduto?), mentre di sicuri ci sono i 30200 likes su Facebook e i 6.500 followers su Twitter. Consensi. Virtuali.
In ogni caso, dopo 163 film da 30 Paesi, proiettati in 7 Sale per un totale di 402 proiezioni, qualche sorpresa positiva non è mancata. Di certo, come ha riconosciuto ieri in fase di bilancio anche il direttore artistico Marco Muller, questa ottava edizione è un punto di ripartenza o declino: “Inizia adesso il momento della verifica – ha detto Muller – quando sentiremo le opinioni dei soci fondatori. Sono loro che devono, con il Presidente e il consiglio di amministrazione, contribuire ad orientare il Festival. Ma da parte mia, con tutto l’ufficio cinema, ci metteremo a tempestare di e-mail registi, produttori, distributori, per sapere secondo loro cosa ha funzionato e cosa no, che cosa c’era di buono ma anche cosa mancava. Su questa base dobbiamo ridefinire”.
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