Volti sbrindellati dal fuoco nemico, monconi di arti sanguinanti, braccia che cercano di contenere le budella che escono, vermi che divorano corpi umani. Sono solo alcune immagini che sarà possibile vedere in Nobi (Fuochi nella pianura) di Shinya Tsukamoto, in concorso alla Mostra del cinema di Venezia. Definito un film per stomaci forti ha strappato timidi applausi alla proiezione per la stampa (in sala Perla).
LA TRAMA – Sembra una prosecuzione di Apocalypse now, qui però, anziché in Vietnam siamo, nel 1945 in un’isola delle Filippine, quando alcuni militari dell’imperatore giapponese, perduti i collegamenti con gli alleati, pur di sopravvivere si comportarono come cannibali. La guerra viene mostrata dal regista giapponese in tutta la sua stupidità e truculenza, tra scene impetuose ed estreme e allucinazioni. Negli ultimi giorni della Seconda guerra mondiale, dopo aver invaso un’isola delle Filippine, le truppe giapponesi stanno rapidamente perdendo terreno e devono fronteggiare allo stesso tempo la resistenza locale e l’offensiva americana. Il soldato Tamura (interpretato dallo stesso Tsukamoto, non nuovo a calarsi nei suoi stessi personaggi) soffre di tubercolosi e viene abbandonato sia dal suo plotone che dall’ospedale mobile. È “libero” e mai così prigioniero di un ambiente che gli dà le vertigini. La sua battaglia non sarà solo per tornare a casa, vivo, ma anche per non perdere la sua umanità. Si fa sempre più lancinante il duello tra la sua indole generosa, animo inerme da scrittore, e le necessità che trasformano i soldati attorno a lui in mostri da horror movie.
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