Caro Gubitosi ti scrivo…così mi distraggo un po’…

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Caro Gubitosi,

con questo articolo siamo all’ottavo appuntamento della nostra rubrica, dedicata al mondo della televisione, soprattutto quello Rai. Non ce ne voglia, ma pensiamo che la Rai ancor prima dell’ILVA e della FIAT sia una delle aziende più grandi e importanti d’ Europa. La Rai potrebbe tornare ad essere leader (non che non lo sia negli ascolti) dei contenuti e punto di riferimento del sistema paese.

Nel nostro terzo articolo (e lei non era ancora arrivato) suggerivamo come prima mossa l’avvicendamento al comando della Sipra. Constatiamo che abbiamo vedute comuni, e quindi, (ci riferiscono che non siamo presenti nella rassegna stampa Rai) invieremo sulla sua e mail che ha diffuso Dagospia, i nostri articoli precedenti, ci sono sicuramente spunti interessanti per la sua permanenza in azienda. Ci giunge voce che il “metodo Tarantola/Gubitosi” ha già prodotto qualche effetto positivo. Sicuramente ha riacceso la speranza del “popolo Rai”. I dirigenti hanno anticipato l’ora di arrivo sul posto di lavoro ed hanno allungato il tempo di permanenza in azienda (temono le sue passeggiate nei corridoi).

Anche la qualità del loro lavoro dovrebbe migliorare, sapendo che chi sbaglia paga! La speranza è che chiunque fosse preposto a “fare la Rai” lo faccia seriamente.

Anche i giovani all’interno sperano di avere un’occasione. Attendono un po’ di avvicendamenti e prepensionamenti…chi da anni non fa altro che guardare la tv in ufficio, potrebbe tranquillamente farlo da casa, lasciano il posto a chi vuole lavorare e contribuire a fare grande (nuovamente) la tv pubblica. Bisognerebbe tornare alla serietà, alla sobrietà dei dirigenti responsabili dei programmi. Abbiamo letto, su giornali nazionali, di pubblicità occulte, di uso personale del mezzo pubblico a scopo di carriera. Forse in  alcuni casi si potrebbe parlare di vere e proprie “ditte”, con tariffari e società di comunicazione create ad hoc, che con regolari contratti di consulenza con medici, stilisti, aziende, chef, professionisti garantiscono spazi nei vari contenitori. Nulla da dire. Tutto regolare.

 

Ma solo in apparenza. Il problema è che manager e gruppi di lavoro hanno letteralmente occupato spazi di palinsesto e aree tematiche da tanti anni chiudendo l’accesso agli spazi a chi non è del giro o che non è presentato dalla “società di consulenza”.  Forse è il caso di cambiare, di attuare una rotazione partendo dai manager, continuando con gli autori. Parlando male spesso si parla di privatizzazione . Si accorgerà che la Rai è già parzialmente privatizzata.  Di proprietà di personaggi che non gestiscono il prodotto come servizio pubblico ma come servizio personale. Gruppi chiusi. Da troppo tempo. Anche 25 anni. Addirittura personaggi esterni, gestiscono privatamente la Rai con il consenso di direttori e capistruttura. Ancora sabato scorso, durante il programma Ti lascio Una Canzone, la regia si sperticava a riprendere in prima fila Bibi Ballandi

Storico produttore. Il pubblico percepisce quindi che la Rai è Ballandi. Poi se le hanno raccontato che quest’azienda ha bisogno di questi produttori per andare avanti è una bugia. La Rai può fare qualsiasi cosa. Queste aziende potrebbero tranquillamente vendere solo l’idea (ammesso che non ci sia nessuno che abbia proposto un’idea simile, un autore interno ad esempio). E poi, perché bisogna anche fargli pubblicità? Facendo percepire al pubblico, o ai concorrenti e partecipanti di quei programmi che, alla fine, bisogna ringraziare in diretta quel produttore e non l’azienda pubblica che ha permesso quella trasmissione? Se lei sarà irremovibile (con il sostegno della presidenza), nel disegno di ringiovanirla, pensinando e non rinnovando consulenze ad ex  dipendenti (anche figli di ministri della prima Repubblica ) la Rai potrà tornare ad essere l’azienda che merita di essere. Con la fiducia del presidente Monti che attuerà (su un progetto Rai solido) il recupero dell’evasione del canone. Altrimenti anche quest’ultima (l’era Gubitosi) sarà un’occasione perduta. Se vorrà farlo, noi, nel nostro piccolo, le saremo accanto.

 

Carlo Brigante