Nel giugno 2009 si concludeva in Rai la carriera di uno dei capistruttura storici di Raiuno, parliamo di Paolo De Andreis, che per 30 anni ha lasciato il segno sulle trasmissioni dell’ammiraglia.
L’ESPERIENZA – Lui proveniva dal cinema dopo 13 anni di collaborazione con personaggi quali Bertolucci, Fellini, Bolognini, Montaldo, Zeffirelli. In Rai ci arriva per il Marco Polo ma passa poi all’intrattenimento. Mara Venier ha condotto con lui ben quattro edizioni di “Domenica In”, anche in giro per i Teatri italiani e perfino a New York, con un successo strepitoso e costi bassissimi. Autore riconosciuto per professionalità e impegno ha lavorato con tutti i conduttori più importanti, ma oggi guarda allo stato dell’azienda con occhio critico e disincantato. Paolo ogni tanto lancia qualche suggerimento fondato sulla sua lunga esperienza, ma in tempi di rottamazione, si sa, anche i consigli gratuiti rimangono inascoltati. Ecco di seguito le sue risposte ad alcune nostre semplici domande
Cosa ne pensa degli attuali conduttori e conduttrici giovani del day time, vede in qualcuno di loro la futura Carrà o Baudo?
«Vedere i futuri Carrà o Baudo è impossibile. Conti che riesce a fare tutto da solo senza interferenze è il migliore».
Si dice che per condurre un programma in Rai occorrano appoggi che contano, allora i provini non servono a niente?
«Per alcuni condurre in Rai, come è dimostrato, gli appoggi ci sono e come. I provini per i professionisti non servono. Si fanno soltanto per i ballerini. Quando si crede in un personaggio, anche giovane, si lancia e basta».
Lei ha seguito i più importanti show della Rai, tutti programmi di grande successo, qual è stata la sua formula vincente?
«Nessun segreto. Essere apartitico, esperienza, competenza, professionalità, gioco di squadra nella Rete. Si lavora al format modificandolo e renderlo adatto al pubblico al quale è diretto. Scegliere il cast più congeniale al prodotto».
E’ giusto ridurre i compensi alle star televisive? E’ vero che sono pagate troppo?
«In considerazione della crisi, le risorse economiche devono essere impegnate sul prodotto che va in onda. Meno appalti e più competenza all’interno dell’azienda che non è una fabbrica di scatolame. Troppe persone lavorano dietro le telecamere. Un esempio ai miei tempi? “Supervarietà”, che oggi si chiama “Techetechetè”, si realizzava in 4 persone compreso il sottoscritto che lo ha ideato e realizzato. Oggi ci lavorano in venti.
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