Rai, chi giudica sarà giudicato

Il giudice del lavoro reintegra un giornalista licenziato alcuni mesi fa

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Non è una novità. Il potere in Rai è sempre relativo. Alla politica, alle donne di corte, alle mogli, alla magistratura. Non vogliamo entrare nel merito delle intenzioni della Rai e nelle sentenze dei giudici, però anche loro ce la mettono tutta per creare caos nella gestione della tv di stato.

ECCO ALCUNI CASI – Alcuni casi eclatanti da ricordare: il reintegro di Massimo Liofredi a direttore di Raidue, quello di Ruffini a Raitre, Minzolini spostato dal Tg Uno per un’accusa per la quale è stato assolto. Mauro Mazza avvicendato da Leone a Raiuno, poi reintegrato con sentenza del tribunale. Solo per la “clemenza” e “amor proprio” Mazza accettò Raisport alla rete ammiraglia. Cosa sarebbe successo se avesse insistito per rimanere alla guida del primo canale? Ancora una volta ieri il reintegro di un giornalista a Raiuno, licenziato nel 2013.

I DUBBI – Com’è possibile? Ma un’azienda, la Rai, può decidere liberamente di licenziare dei manager alla guida dei canali televisivi? Può licenziare un dirigente se non ha più fiducia in lui? La magistratura può sostituirsi al capo del personale Rai, o peggio del direttore generale o del consiglio d’amministrazione? Allora il problema non è solo liberare la Rai dalla politica ma anche dalle sentenze della magistratura? Dov’è il problema? Non sappiamo rispondere.

SERVE ORDINE – Forse la Rai dovrebbe ponderare meglio alcune scelte prevenendo le mosse del giudice del lavoro. Forse per certi ruoli si potrebbe risolvere il problema ingaggiando i direttori con contratti a tempo determinato dall’esterno. Sicuramente mettendo ordine tra dirigenti e giornalisti. Solo manager alle reti e giornalisti alle testate, licenziando i dirigenti in base all’articolo 18 del contratto, anche senza nessuna specifica motivazione. Meglio nessun motivo che un motivo appellabile!

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