Rai, tutte le contraddizioni del dg Luigi Gubitosi. Come si cambia

La denuncia del Movimento IndigneRai: «L'azienda non ha bisogno di bravissimi manager che per formazione hanno le leggi del mercato in testa, ma di bravi amministratori del bene pubblico»

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«Senza certezza di risorse economiche ”l’indipendenza è solo formale”. La riforma del servizio pubblico radiotelevisivo è datata 1975 e la speranza è quella di non doverne ”festeggiare il quarantennale”. Dobbiamo chiedere alla politica di essere veloce e di prendere decisioni. Dobbiamo chiedere anche di preservare la nostra indipendenza, di darci una migliore governance e di garantirci le risorse. Questo è quello che giustamente il nostro dg Luigi Gubitosi ha più volte ribadito in occasione di incontri istituzionali, questo è quello che speriamo pensi veramente anche se comincia a venirci il dubbio in queste ultime ore, per la precisione da quando quei birbaccioni dei consiglieri di amministrazione si sono rivoltati contro la norma del governo sul prelievo, anzi sul furto, dei 150 mln di euro, ormai diventati risorse “perse”.
Infatti, dopo l’allegra e sconsiderata decisione di vendere quote di Rai Way sei “temerari” consiglieri di amministrazione si sono fatti ghermire dagli incubi provocati dagli stregoni costituzionalisti che hanno emesso pareri di incostituzionalità rispetto alla norma imposta dal governo, o come si usa dire dall’azionista di maggioranza». E’ quanto denuncia con forza e da tempo il Movimento IndigneRai che punta il dito contro l’atteggiamento «ondivago» del dg Gubitosi. «Rimaniamo stupiti – si legge ancora in una nota – del giudizio che il dg ha dato nei confronti di un atto di apparente tutela aziendale, queste le sue parole»:

LE PAROLE DI GUBITOSI – “La scelta del ricorso contro il Governo proprio il giorno del debutto di Rai Way non può certo farmi piacere e non manda un bel segnale al mercato – ha proseguito il Dg -. Nella mia esperienza professionale e nelle grandi aziende in cui ho lavorato come Fiat, Wind e Merrill Lynch, le decisioni dell’azionista sono legge e i suoi rappresentanti nel board non fanno ricorsi giudiziari per bloccarle. Dal mio punto di vista, ritengo che il compito di un manager sia proprio quello di eseguire tali scelte: se non è d’accordo con le decisioni della proprietà, il manager si dimette, non vota contro”.

LA DELUSIONE – «Ci dispiace leggere queste parole – afferma il Movimento – perché comprendiamo che la Rai non ha bisogno di bravissimi manager che per formazione hanno le leggi del mercato in testa ma di bravi amministratori del bene pubblico. E non è nemmeno tanto democratico chiedere le dimissioni dei consiglieri di amministrazione che hanno osato ribellarsi al RE in quanto il Cda è un organismo che risponde al parlamento e in parte al ministero del tesoro e non ad un soggetto privato. Questo episodio gravissimo ha messo in luce cosa significa l’ingerenza dei governi e dei partiti sulla Rai e ci svela un dg a parole forte ma nei fatti ingabbiato, o peggio, asservito a quelle logiche che la legge Gasparri ha potenziato. In questi mesi abbiamo prodotto diffide, raccolto firme, alcuni sindacati prodotto ricorsi. Ci viene da pensare che quel voto a favore del ricorso contro la legge “ruba risorse” possa essere visto come il raccogliere una preoccupazione di molti cittadini e lavoratori Rai e forse a tutela degli stessi consiglieri in vista di futuri ricorsi alla Corte dei Conti. Preoccupazione che non sembra essere quella del DG che, dopo aver portato a casa l’approdo in borsa di Rai Way e 30 denari per chiudere in attivo il bilancio, può dichiarare la sua missione finalmente compiuta senza però aver capito bene invece la mission della Rai».

LA RICHIESTA – «Chiediamo al Dg – conclude il Movimento IndigneRai – di assicurare le risorse attuali e future alla Rai producendo presto e bene il ricorso che ci permetterà di stabilire che l’azionista (sarebbe quello scorbutico di Renzi che non vuole parlare con il Dg Rai?) non ci può togliere risorse derivate da canone né ora né con la futura legge di stabilità. Questo secondo noi significa garantire le risorse ad un bene pubblico e un’azienda delicata per l’equilibrio del paese come la Rai. Purtroppo però ci immaginiamo che ad aprile prossimo il nostro DG varcherà per l’ultima volta la porta di uscita di Viale Mazzini canticchiando quel motivetto tanto in voga tra politici e amministratori del bene privato: “come si cambia per non morire…come si cambia per ricominciareeeee…».

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