Trionfa a Sanremo il Festival post democrazia cristiana: Conti surclassa il Fazio dell’altro anno con quasi 4 punti di share in più: 49.34 % con 11 milioni e 767.
LE CARTE VINCENTI – Il parroco Don Carlo Conti ha vinto mettendo insieme un prodotto molto tradizionale, non nazional popolare come si diceva un tempo, ma addirittura popolaresco. Ha guardato al mondo che lo circonda, evitando orpelli e lustrini, tutto all’insegna della regola, con le vallette Emma e Arisa, che potevano rappresentare con la loro ruvidezza un po’ plebea, una qualsiasi ragazza del nostro tempo. Tutti i partecipanti comunque erano stati agghindati con cravatta e abiti da gran cerimonia. Anche Rocio Munoz Morales, bella e normale come valletta, è stata trattenuta nel recinto della disciplina parrocchiale che Conti ha imposto al programma. E’ sembrato che il conduttore toscano rappresentasse al meglio l’era della nuova Democristianità, (Mattarella docet) soprattutto quando sul palco è apparsa la famiglia formata da sedici figli, con il padre che annunciava solo la parola di Cristo.
LE PECCHE – Insomma un Festival da oratorio, quasi che Carlo avesse introdotto in contrapposizione con la Casa del popolo toscana che il presentatore avrà conosciuto da bambino, la Casa di Dio, quella dove si ritrovavano i democristiani (all’epoca di Don Peppone e Don Camillo per intenderci). L’ascolto è stato lusinghiero anche se il programma offriva molte lacune nella messa in scena: pessima la regia che frammentava tutto (con scatti modello anni sessanta) rendendo di difficile comprensione le performance dei cantanti, con inquadrature dall’alto assolutamente insensate. La scenografia fredda, ricordava quella di una cattedrale, piena di scritte e di luci che disturbavano. Ma lo show è finito bene, merito quindi a Don Carlo Conti, il nostro parroco di campagna, che ha saputo celebrare con maestria la liturgia della messa…in onda.
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