Rai, viva Dall’Orto il Direttore nostro grande educatore

Lanciato dall'azienda il servizio di Job posting per candidarsi a “direttore creativo”. Opportunità o specchietto per le allodole?

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Passano gli anni, cambiano i governi e cambiano anche i direttori generali della Rai, ma la loro missione “educativa” nei confronti dell’azienda che sono chiamati a guidare non cessa mai. Come un mandato divino ogni nuovo direttore arriva con un portato di roboanti novità e proclami spesso da decodificare perché una delle costanti del neodirettore è quella di esprimersi con un linguaggio iniziatico, nel senso che si sa dove inizia ma mai dove va a parare. Ci si improvvisa interpreti del verbo con granitica sicumera perché ogni nuovo direttore porta con sé una nuova e salvifica forza rigeneratrice sì che il cavallo morente abbia ancora un guizzo, un respiro di energia. Li vedi, i sacerdoti del nuovo, intenti a rinvigorire le asfittiche pagine Facebook dei programmi Rai o a togliere le ragnatele dagli account Twitter perché l’imperativo è “intercettare i giovani” anche in quei programmi la cui platea è storicamente ottuagenaria e neanche tanto in salute da poter cambiare canale. La realtà è che queste dichiarazioni di intenti somigliano sempre più alle iniziative del Mega-direttore Galattico dei film di Fantozzi. L’ultima dell’uomo dell’Orto è la ricerca di un direttore creativo tra i suoi dipendenti.

IL POSTO DI DIRETTORE CREATIVO – Dopo aver dato un forte colpo al cerchio e chiamato in ruoli di altissima dirigenza alcuni dei suoi fedeli collaboratori dalla rete “ggiovane” per eccellenza: MTV, quindi dal mondo di fuori, l’uomo dell’Orto si scopre magnanimo e francescano come solo i renziani sanno essere e dà un colpo altrettanto forte alla botte e lancia un’operazione di reclutamento interno all’azienda, un “Job posting” per una posizione prestigiosa a diretto riporto del Direttore Generale. Un cane da tartufo? No, meglio: UN DIRETTORE CREATIVO (denominazione provvisoria). Un’occasione ghiotta, una musica angelica per chiunque sia stato ingiustamente bistrattato e non valorizzato in tutti questi anni, schiacciato da logiche clientelari, non agganciato alla giusta corrente e relegato a scaldare la sedia negli angusti e amiantati uffici di Viale Mazzini. La Direzione, leggiamo nella richiesta, avrà la missione di definire le linee guida per lo sviluppo di tutta l’impostazione identitaria delle attività editoriali e commerciali di Rai (dal design alla promozione) e della relativa declinazione grafica, visuale, artistica su tutte le piattaforme e per tutti i nostri brand. Si facciano avanti i candidati che aspirino a mostrare di che pasta son fatti e che vogliano rimboccarsi le maniche per risollevare l’azienda, lo facciano ora (o al massimo entro il 30 ottobre) o taccian per sempre.

I DUBBI LEGATI ALL’OPERAZIONE – L’operazione suscita entusiasmo, diffidenza e malumori: i seguaci dell’ottimismo “matteota” sono inebriati da cotanta opportunità mentre i soliti disfattisti, i malmostosi di professione, rimuginano e gettano ombre ricordando che i “job posting” in Rai sono un pro-forma, uno specchietto per le allodole sindacali e i sempliciotti per dare il via libera alle risorse esterne, i barbari invasori che arrivano come delle orde e si stratificano, si sedimentano in Rai, direttore dopo direttore finché non diventano loro stessi interni all’azienda in un circolo infinito che fa parte ormai della natura. Gli stessi maligni ricordano l’ultima “apertura democratica” di un DG: l’invito di Gubitosi a scrivergli via mail proposte, progetti, pensieri, segnalazioni; la più grande operazione di delazione telematica in forma anonima che si ricordi risoltasi con uno scarno ringraziamento automatico e una promessa di ricontatto mai mantenuta. Un vero e proprio capolavoro. Manca insomma la Coppa Cobram ma siamo fiduciosi nel futuro che verrà, un futuro da affrontare come il ragionier Ugo Fantozzi: “alla bersagliera”.

 

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