Se cerchiamo nel dizionario la parola narcisismo troviamo: “tendenza a contemplare con compiacimento eccessivo la propria persona o il proprio mondo interiore”. Praticamente la descrizione di Massimo Giletti con quello sguardo un po’ così, con quella faccia un po’ così che sa avere solo lui quando guarda dritto nella telecamera e tutto il resto scompare.
Il culto della personalità in realtà è comune a molti dei personaggi della tv ma Giletti ha quella marcia in più che lo fa emergere di una spanna su tutti gli altri. Giletti non solo si piace ma è anche convinto. Convinto per anni che nessuno si accorgesse che i suoi capelli avevano il colore di un comodino, convinto che la grammatica e la sintassi possono andare in ferie quando espone un concetto ma soprattutto convinto di fare del buon giornalismo televisivo e non un mix di retorica e populismo buono solo per il pubblico della domenica pomeriggio.
L’ULTIMO DIBATTITO – Ha un fiuto eccezionale per gli argomenti che solleticano la pancia: Domenica si è lanciato, con la voracità di un adolescente quando vede per la prima volta una donna nuda, in una invettiva contro uno dei suoi ospiti, l’avvocato Antonio Crocetta, invitato per parlare del caso dei biglietti gratis riservati ai consiglieri comunali per andare allo stadio. Crocetta si macchia del peccato più grave per un Giletti: ha osato mettere in dubbio la validità del tema scelto dal conduttore soprattutto rispetto ai problemi reali della città; la sproporzione è talmente evidente che l’avvocato, costretto dalla drammaturgia televisiva a stare da solo contro un cerchio di opinioni avverse, dice questa frase: “se lei vuole parlare, Salvini (eh sì, c’era anche lui per parlare dei biglietti del Napoli, chissà perché), dobbiamo parlare degli investimenti che non si fanno al sud, però lei non ne può parlare, dobbiamo parlare della politica strutturale….voi non fate questo tipo di interventi perché la Rai non li può fare, la Rai non vuole parlare del meridione”. Sono bastate queste parole per trasformare il conduttore torinese in una erinni.
LA BUFERA – Deve esserci qualche meccanismo nascosto da qualche parte che lo fa scattare alla parola RAI come negli esperimenti di Pavlov. Non gli deve essere sembrato vero: poter partire con l’invettiva demagogica. Ne deve avere pronte in canna almeno un paio a puntata per contratto. “Io questo non glielo permetto, perché la Rai è gente che fa un lavoro straordinario…(applausi scroscianti del pubblico pagato) e voi iniziate a fare andare avanti la vostra città, fatela mettere a posto che è indecoroso in alcuni punti, è abbandonata e se lei esce dalla centrale della stazione (tipica dislessia del Giletti furioso, studiata anche nei manuali medici) trova solo immondizia in tutti i vicoli e i cittadini onesti di Napoli (eh sì, esistono anche loro) stanno ancora aspettando che qualcosa si pulisca”. Un vero e proprio capolavoro teatrale nato spontaneamente sotto le luci di uno studio televisivo, da brivido. Ed arde talmente tanto il fuoco dell’arte della recitazione che nella frase successiva, nel tentativo di raggiungere il climax, la battuta da standing ovation (anche questa prevista nel contratto dei figuranti) Giletti attribuisce alla Rai il grande merito di essersi occupata dei problemi di Napoli raccontando con film e fiction i problemi della camorra. CON FILM E FICTION? Non con le inchieste, non con il giornalismo, la RAI si occupa dei problemi di Napoli con le fiction e i film. Sarà forse perché i dibattiti della Domenica sono una pantomima?
GILETTI STRATEGA – Risultato? Sui social scoppia la polemica, le pagine Facebook si gonfiano, i tweet si moltiplicano, il sindaco della città rilascia dichiarazioni colluttorie: “si dovrebbe sciacquare la bocca”, il presidente della commissione di vigilanza Rai, Roberto Fico, parla di occasione mancata di fare servizio pubblico e di indecorosa bagarre. Tutte cose messe in conto da Giletti per uscire dal confine angusto della sonnolenta domenica pomeriggio e brillare anche nei giorni feriali. Se non è narcisismo questo.
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