Si sa che la gente di spettacolo è superstiziosa. E la gente di televisione, anche quando si tratta di giornalisti affermati, sempre di spettacolo è. Ognuno col suo oroscopo, col suo mago, col suo portafortuna, col suo rituale. A questo pensavo, ingenua, quando a tal riguardo mi hanno nominato il gobbo. A parte quello più famoso, di Nôtre Dame, mi veniva in mente qualche commedia di De Filippo, di quelle che trasmettevano a mo’ di sceneggiato, quando ero bambina, dove secondo la tradizione napoletana, toccare una schiena gibbosa avrebbe procurato fortuna alla persona che ne avesse l’opportunità. E invece miei cari, il gobbo è presenza assidua nella programmazione attuale in tv. Sì, ci avevamo fatto caso, a Cirilli che non sa le parole di “Pensiero” mentre interpreta i Pooh a “Tale e quale”; o ai vari personaggi, dalla Clerici alla Littizzetto, che lo nominano a SanRemo. Storicamente, il nome gobbo deriva da quel cupolino che copriva la buca del suggeritore; da allora si è chiamato così il lungo foglio che, srotolato a manovella o scorso a mano, elenca testi e battute per i personaggi tv. Poi per i Tg o sul palco dell’Ariston ci saranno sicuramente dispositivi elettronici a “suggerire”, ma nella prassi quotidiana c’è ancora qualcuno che olio di gomito gira e gira e gira…. Ci si stupiva tanto di Ambra Angiolini che ai tempi mitici di “Non è la Rai” presentava la trasmissione telecomandata da Boncompagni, che tramite archetto, ovvero microfono con cuffia, le suggeriva il da dirsi e da farsi. Ma a sedici anni che poteva fare da sola? Poi di casi analoghi, ovvero di suggerimenti al sapor di tecnologia ce ne sono stati innumerevoli. Scelta comprensibile nei Tg, dove l’incalzare rapidissimo dei servizi e l’eventualità di “breaking news” obbliga a leggere. Quindi, diciamo che i giornalisti in generale sono giustificati, quelli dei Tg in particolare. Ma si suppone che chi non si occupa di “all news”, seppure in trasmissioni di taglio informativo e giornalistico, un minimo di disinvoltura davanti alla telecamera ce l’abbia. Disinvoltura che può derivare solo dalla professionalità, quel misto di preparazione culturale e padronanza del mezzo che ci si aspetta da chi conduce le trasmissioni più seguite. Anche perché, nonostante consistenti squadre autoriali, chi si fregia del titolo di giornalista è lecito supporre che sia informato. E che un po’ di scioltezza nel parlare ce l’abbia. Allora, possiamo perdonare coloro che arrivano oggi “in cima” e leggevano sfondoni pure sul gobbo per evidente ignoranza crassa. Ma in questa foto si spiega il perché di certe espressioni imbambolate anche sul viso di chi il curriculum ce l’ha. Sulla carta… indovinate di chi si tratta?
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