Rai, Andrea Vianello e la catena di flop… ehm, di “sperimentazioni”

La mascella volitiva di RaiTre continua a inanellare una serie infinita di discutibili scelte di palinsesto

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Partiamo dal presupposto banale che certe omonimie mi turbano. Per me Vianello è lui, Raimondo, il padre di ogni freddura tv, l’inimitabile elegante spilungone dagli occhi chiari… Edoardo lo saltiamo, mi appartiene meno con pinne fucile ed occhiali. Ma stavolta parliamo di Andrea, la mascella volitiva di RaiTre.

LE SCELTE DI PALINSESTO – Relativamente giovane, rispetto ai brontosauri di Viale Mazzini, il nostro Vianello, classe 1961, è in effetti parente del noto cantante “da spiaggia” col quale in gioventù ha anche collaborato. Ma è giornalista di lungo corso, nato in radio e cresciuto su RaiTre, televisivamente parlando. Dal 2013 direttore della rete cadetta, carattere ne ha da vendere, come ha ampiamente dimostrato al “grande” pubblico di “Mi manda RaiTre”. È sulle scelte di palinsesto che avremmo da obiettare. Appena appena. Perché quando gli altri non fanno ascolti sbagliano tout court e quando non li fa lui “sperimenta”?

FLOP IN SEQUENZA – Ora, è vero che la tv a volte è come il traffico, non si può prevedere – vedi il triste share di epilogo del Maurizio Costanzo show – ma l’arroganza risparmiatecela. Intendo: come ti viene in mente di proporre un programma con l’ambizioso titolo di Masterpiece, capolavoro? Io lo seguivo, per carità, ma essenzialmente per spiare le mises della scrittrice Taye Selasi – chi era costei? appunto – e godermi l’antipatia inguaribile di Massimo Coppola – chi era costui? questo lo seguivo già in “Avere vent’anni” io e altri tre nostalgici lo odiamo da allora – ma non faccio media. E lo scherzetto costava duecentomila euro a puntata. E lasciamo stare che è pure finito in Parlamento per un impiccio tra casa di produzione di Mieli figlio e casa editrice Bompiani che avrebbe pubblicato il “capolavoro” scelto dalla trasmissione, presieduta da Paolo Mieli, padre. Per dirne uno, dei flop in sequenza del nostro Direttore. Gli spettatori di RaiTre non sono quelli di ReteQuattro, va bene, se la tirano, però c’era bisogno di Parallelo Italia per capire che Gianni Riotta in televisione non funziona? Eh ma Vianello fa sperimentazione. Peccato che siano esperimenti fatti con i soldi del canone. E caliamo un velo pietoso su Questioni di famiglia, che è riuscito a chiudere alla seconda puntata con un inglorioso un per cento, anche se il programma sarà ricordato più che altro per la presenza come conduttrice di Ilaria Cucchi, sorella dello Stefano vittima di una caso tuttora oscuro per la giustizia. Nessuno contesta i grandi classici di rete: Report con la Gabanelli spacca, Chi l’ha visto tiene botta, Che tempo che fa regge con la finta bonomia Fazio-Gramellinesca e la finta cattiveria della Littizzetto. Peccato siano tutte eredità di gestioni precedenti, con zoccolo duro di aficionados. Poi Vianello ti caccia l’amica degli orsi Licia Colò e mette Camila Raznovich sul Kilimangiaro. Se non altro qui è evidente la mano di Campo Dall’Orto e i suoi prediletti ex MTV. C’è quasi da applaudire per i risultati decenti di L’erba dei vicini, chissà se il merito è del furbesco disincanto di Severgnini, escludendo un tardivo interesse degli spettatori per l’Europa. E mi fermo qui. Perché poi se parlo male anche di Ballarò pensate che io sia un fake di Michele Anzaldi… e intanto Vianello tuitta giulivo che “a Roma ci girano a targhe alterne”. Sarà quel che sarà, ma comunque gli vada se non torna a fare il giornalista potrà sempre fare come l’illustre omonimo. E vivere di battute.

 

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