L’epifania che tutte le feste porta via non porterà via i direttori. Anche se il DG/AD ha avuto in regalo da Babbo Matteo Natale i superpoteri manca ancora qualche passaggio cruciale per assistere a questa rivoluzione. Rivoluzione che tutti aspettano, che tutti anelano, che tutti bramano. Eh si, perché dopo sei mesi dall’insediamento diciamo pure la verità il buon Campo Dall’Orto non ha fatto poi molto se non la classica infornata di dirigenti tipica di ogni nuovo direttore generale.
I DUBBI – A proposito, ma che fine fanno i dirigenti nominati dal nulla a ricoprire posizioni apicali della piramide? Perché ogni volta che ne arriva uno, appaiono dal nulla plotoni di presunti salvatori della patria. Dal nulla, si, perché per ricoprire il ruolo di dirigente in Rai pare non serva conoscere a menadito l’azienda, le sue problematiche, i suoi punti di forza. Spuntano fuori come funghi dopo una pioggia, giovani e meno giovani, non c’è discriminazione anagrafica, c’è solo la costante universale del totale digiuno esperienziale in materia. La più grande azienda di contenuti di questo paese necessita di volta in volta e non se ne capisce il perché di manager provenienti da aziende di telecomunicazione, automobilistiche o da altre realtà editoriali macroscopicamente più piccole. E anche stavolta assistiamo allo stesso copione. Il 13 gennaio ci sarà ben altro da discutere, c’è da esaminare il nuovo statuto, capire quello che è successo a Capodanno, una seduta in commissione di vigilanza a ora di pranzo. Insomma, una giornatina niente male che lascia presagire un probabile slittamento dei direttori. A questo punto dopo sei mesi a veder la Rai macerare in un brodo non certo di giuggiole Campo Dall’Orto non procederà a proporre le nomine editoriali ad un CDA con ancora in canna il colpo della non approvazione, sarebbe folle. Quindi eccoci arrivati a febbraio. E che si cambia direttore di rete alla vigilia di Sanremo? Staremo a vedere.
IL DONO – Nel frattempo Leone gioca a fare il direttore interventista e, dopo aver assistito alla parabola discendente del suo “Dono” (condotto da Paola Perego ndr) in termini di (collocazione al di fuori del periodo di garanzia) alla famiglia Presta, decide che non è il caso di far schiantare la quarta e ultima puntata del programma contro la portaerei “C’è posta per te” e si gioca la carta della comicità. Se Zalone ha battuto anche guerre stellari vuol dire che la gente vuole ridere. Certo, la Rai non ha un portafogli di prime visioni all’altezza ma, e ci vuole poco, deve essere stato chiaro e luminoso come il sole per Giankaleone che anche la replica de “Il principe abusivo” con Alessandro Siani avrà più chance del format più deprimente che la tv italiana ricordi. Forse però è troppo tardi per mostrare un carattere forte: l’occasione c’era già stata con la presentazione della bozza dei palinsesti per il prossimo anno ma non era stata sfruttata. A meno che non si voglia intendere come rivoluzionario cancellare dal tabellone due caselle di poco conto.
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