Un posto al sole, intervista doppia a Nina Soldano e Riccardo Polizzy Carbonelli

Gli interpreti di Marina Giordano e Roberto Ferri ci parlano di amori, infedeltà, rapporti sul set, unioni civili, adozioni gay e molto altro

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Da quasi vent’anni due milioni e mezzo di telespettatori si sintonizzano, tutte le sere, alle 20.35, su RaiTre. È un vero e proprio appuntamento fisso. Ogni giorno, dal lunedì al venerdì, un pubblico eterogeneo di studenti, casalinghe, dipendenti e pensionati, si ritrova a guardare lo stesso canale per seguire le vicende di “Un posto al sole”. Ma non c’è da stupirsi: parliamo della soap italiana più longeva di sempre, un prodotto di successo che, intrecciando tematiche classiche, come amori, tradimenti e intrighi, con altre di attualità e di forte valenza sociale, riesce a far registrare quotidianamente un 9% di share medio. Noi di Cinque Quotidiano abbiamo deciso di sottoporre due protagonisti di “Un posto al sole” a un bonario terzo grado su amori, infedeltà e rapporti sul set, con uno sguardo anche ai temi caldi dell’attualità, dalla lite tra Sarri e Mancini al dibattito su unioni civili e adozioni gay. Quattro chiacchiere per un’intervista doppia con due straordinari attori: Nina Soldano e Riccardo Polizzy Carbonelli, interpreti, rispettivamente, di Marina Giordano e Roberto Ferri.

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VITA SUL SET
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Nina, Riccardo, voi due lavorate fianco a fianco sul set dal 2003, cioè dalla prima apparizione di Marina nella soap. Dopo tutti questi anni che rapporto si è creato tra voi?

Nina: Guarda, io e Riccardo ci conoscevamo già da prima. Nel 1997 avevamo fatto un’altra lunga serialità che si intitolava “In nome della famiglia” e andava in onda su Rai 3 alle 18. Poi ci siamo persi di vista per svariati anni. Quando, nel 2003, sono entrata a “Un posto al sole” – inizialmente come guest (attore che non fa parte del cast fisso, ndr) – ci siamo ritrovati ed è stata festa. Voglio dire, quando hai un bel ricordo di un tuo collega e dopo anni lo ritrovi in un’altra fiction, fa molto piacere. Io e Riccardo, poi, abbiamo un’intesa fortissima sul set. Ogni volta è una danza: ci basta uno sguardo e ci troviamo subito. Siamo molto simili. E molto precisi.

Riccardo: Sì, avevamo già lavorato insieme a “In nome della famiglia”. Lei era protagonista, io guest. Da quella fiction ebbe origine, su Rai 1, lo spin off “Ricominciare”. Due prodotti molto belli. Con Nina ci conosciamo da tanto e ci divertiamo moltissimo. Per darti un’idea, quando proviamo e ci sono delle scene che non richiedono una grande concentrazione, ci divertiamo a fare le imitazioni di Sandra Mondaini e Raimondo Vianello… Sul set di “Un posto al sole” si creano profonde amicizie. Certo, vedendosi e frequentandosi molto per lavoro qui a Napoli, poi non le si coltiva anche a Roma perché il tempo che ci resta per le nostre famiglie, i nostri affetti e gli altri nostri amici è limitato. Però con Nina ogni tanto ci vediamo anche a Roma.

E sul set che clima si vive?

N: Beh, sai, non si lavora tutti insieme perché all’interno di “Un posto al sole” ci sono vari gruppi: quelli che raccontano la commedia, la vita quotidiana… Il nostro gruppo è dedicato più al noir, al giallo. Io quindi giro molto con Riccardo, con Michelangelo Tommaso, che nella soap interpreta Filippo, con Alessio Chiodini, cioè Sandro… Ed è un bel gruppo, collaudato, tra noi c’è molto affiatamento.

R: Sul set si è creato un rapporto vincente perché, da vent’anni – io da quindici -, riusciamo a portare questa meravigliosa nave in porto con successo. Poi, è chiaro, non ci si può sempre star simpatici tutti ma si lavora lo stesso con grande civiltà. C’è un forte senso di appartenenza e, pur con tutte le nostre diversità, siamo una famiglia. Un episodio che mi ha toccato profondamente ma che mi ha anche fatto sentire questo fortissimo legame è stato il funerale della figlia di Marina Giulia Cavalli e Roberto Alpi… In tanti siamo partiti da Napoli per stargli vicini in quel momento terribile. Eravamo tutti lì. Come una grande famiglia. Dopo tutti questi anni c’è molta coesione.

In effetti “Un posto al sole” va in onda ininterrottamente da quasi vent’anni. Qual è il segreto?

N: Intanto le storie sono avvincenti. Parliamo di una città come Napoli che, pur essendo contraddittoria, è molto calda, allegra e divertente. Poi trattiamo temi sociali sempre molto attuali. Ci sono dei gialli da risolvere, la commedia è un fiore all’occhiello… Insomma, ci sono molti buoni ingredienti per fare un ottimo ragù napoletano.

R: Nel corso degli anni si sono messe insieme tante professionalità: dalla scrittura all’organizzazione, alla scenografia, alla parte attoriale e registica. È un bel team. Il lavoro viene svolto con passione e il successo deriva dallo sforzo comune di tutti. Poi c’è la cornice di Napoli che fa la differenza. Un folklore straordinario, un humus meraviglioso, una disponibilità e una simpatia quasi introvabili.

In questo contesto così organizzato c’è spazio anche per altre esperienze lavorative?

N: Fortunatamente sì. La produzione è molto elastica. Per quanto mi riguarda, ogni tanto arrivano proposte ma, al momento, non c’è nulla che frigga davvero. Ma so che, se dovesse capitare, potrei prendermi i miei piccoli spazi. È un’isola felice qui. C’è una grande serenità, a differenza di altri ambienti dove magari sono più rigidi. Qui è sufficiente avvisare un po’ prima. Sono molto tranquilli.

R: Sì. Nell’immediato, per esempio, stiamo organizzando la tournée 2016/2017 dello spettacolo “Nina” di André Roussin che abbiamo portato in scena l’anno scorso a Napoli, Milano e nell’hinterland milanese con Vanessa Gravina ed Edoardo Siravo, per la regia di Patrick Rossi Gastaldi e Pino Strabioli. Una commedia brillante, deliziosa e molto garbata. Si ride senza volgarità. Con “Un posto al sole” giriamo quasi sei puntate a settimana e alla fine del mese dobbiamo consegnarne 24 o 25 ma, grazie all’organizzazione e alla collaborazione di tutti, c’è spazio anche per altro.

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OMOSESSUALITÀ
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“Un posto al sole” non ha mai avuto remore ad affrontare anche argomenti delicati come quello dell’omosessualità. Prima con la storia tra Marina e Aurora, poi con quella tra Sandro e Claudio. Qual è la vostra posizione in proposito?

N: Guarda, io su questo sono molto battagliera: trovo che non esista un amore di serie A e uno di serie B. E non ho avuto alcun imbarazzo a mettere in scena la storia tra Marina e Aurora. Molta gente, però, non ha accettato proprio di vedere il mio personaggio, questa femme fatale, cedere alle lusinghe di un’altra donna. Tu non hai idea… in quel periodo ricevetti di tutto: mail di protesta, minacce, volantini attaccati su tutte le macchine nei pressi della sede Rai di viale Marconi. Passai un periodo d’inferno. Ma io sono una che per le giuste cause non si tiene il classico cecio in bocca e risposi a tono a queste signore perbeniste. Dico “signore” perché la critica veniva molto più dalle donne che dagli uomini. Io, comunque, difesi a spada tratta quella storia che, tra l’altro, era stata raccontata in modo molto soft, con scene davvero tenere. Non c’era nulla di volgare, né di troppo esplicito a livello fisico. Era veramente un amore romantico, raccontato con delicatezza. Malgrado le critiche, ebbi i complimenti dall’onorevole Anna Paola Concia. Mi chiamò al telefono ringraziandomi. Fu molto carina.

R: Le mie posizioni, su questo tema, sono posizioni “fortunate” perché il nostro lavoro, rispetto ad altri, ti mette a contatto con la natura più profonda delle persone e ti dà anche la possibilità di entrare in un’ottica completamente diversa. Più libera, più aperta. Io sono per il rispetto delle reciproche diversità, per la libertà. Ma senza esagerazioni o fanatismi. Perché, se portata all’esasperazione, la libertà di esprimersi per ciò che si è e di manifestare la propria diversità rischia di diventare repulsiva. Chiaramente condanno la sopraffazione nei confronti delle minoranze e delle persone indifese.

Di recente l’allenatore dell’Inter, Mancini, ha accusato quello del Napoli, Sarri, di aver usato parole omofobe nei suoi confronti. Un caso che ha suscitato molto clamore. Voi che idea vi siete fatti?

N: Allora, io non conosco personalmente nessuno dei due ma, come tutti, ho visto le immagini e seguito la vicenda. Penso che la frase di Sarri sia stata probabilmente troppo forte e colorata, detta magari da un allenatore più ruspante di altri in un momento di competizione forte. Ma non posso credere che nella realtà abbia sul serio pensieri omofobi. Se non sbaglio ha anche chiesto scusa pubblicamente. A quel punto, secondo me, continuare e farne un caso, è stato esagerato.

R: Premetto che io non sapevo nulla. Sono romanista per tradizione familiare ma non amo il calcio di oggi, mi piace più giocarlo che vivere questo scempio. A spiegarmi esattamente cosa fosse successo è stato un simpatico parrucchiere della Rai. Lui mi diceva: “Una volta che Sarri ha chiesto scusa a Mancini, cos’altro doveva fare? La cosa poteva finire lì…”. In effetti le polemiche possono avere un fondamento iniziale anche giusto. Poi, se non sono costruttive, è inutile farle. Però penso anche che, quando si ha un ruolo pubblico, bisognerebbe avere un decoro che, in generale, in questi ultimi decenni si è perso. Rimpiango un po’ personaggi come Rivera, Mazzola o Riva. Poi, per carità, io gioco a calcio con la nazionale attori e, anche se ho sempre un atteggiamento educato e civile, capisco che in certe circostanze possano sfuggire parole spiacevoli. Si sbaglia. Non ho nulla contro Sarri, che non conosco, o contro il Napoli che mi sta dando tante soddisfazioni in alternativa alla mia deludente Roma. Ma mi mancano i tempi in cui le polemiche riguardavano Valcareggi e le sue staffette tra Mazzola e Rivera.

In questi giorni si parla molto anche di unioni civili…

N: Io sono favorevole. Ma per tutti. Ad esempio, io convivo col mio compagno da sei anni e oggi, qualora dovesse succedergli qualcosa e finisse in ospedale, io non conterei nulla. Per la legge sarei un’estranea.

R: Non ci trovo nulla di male. Assolutamente. Trovo che un matrimonio riuscito sia quello in cui c’è amore, rispetto, tenerezza e comunione d’intenti. Ma questo vale per ogni tipo di coppia.

Siete favorevoli anche alle adozioni gay?

N: Sì, io non metterei tanti paletti. Chi ha detto che un figlio dev’essere educato per forza da una madre e un padre? Magari due nuclei maschili o femminili potrebbero dare un’educazione e una serenità molto più forte di quella di tante famiglie “tradizionali” che si spaccano. Poi, con tutti i bambini costretti a stare negli istituti che hanno bisogno di una famiglia, ben vengano le adozioni gay. In fondo si dà amore. E a questo sentimento come puoi mettere un divieto? Quando c’è amore non puoi chiudere le porte, le devi spalancare!

R: Qui tocchiamo un tema molto delicato… Però sì, sono favorevole. Ritengo che la figura maschile e quella femminile siano importanti per la formazione di un individuo, ma non così preponderantemente necessarie. Ci sono tante storie familiari di coppie etero in cui c’è stato un disinteresse nella formazione, nell’educazione, nella crescita dei figli. Voglio dire, gli errori li possono commettere sia i genitori etero, sia quelli omosessuali. Siamo tutti esseri umani e come tali possiamo sbagliare. Ma non è il genere la discriminante.

E, tornando alla soap, pensate che il personaggio di Roberto, alla fine, accetterà davvero, senza riserve, l’omosessualità di suo figlio Sandro?

N: Roberto in passato è stato molto ottuso. E Marina si è battuta per proteggere suo figlio Sandro. Il padre lo ha rifiutato e il mio personaggio, per aiutarlo, lo ha anche invitato a casa sua. Marina ha cercato più volte di far capire a Roberto che quella non era la linea giusta da adottare col figlio, che doveva andare incontro al ragazzo e ascoltarlo. È stato un percorso faticoso ma alla fine Roberto sembrerebbe aver capito e accettato. Trovo che al pubblico di “Un posto al sole” abbiamo dato un bell’input positivo per dire che non si tratta di una malattia ma di un amore declinato in modo diverso.

R: Io non so come finirà ma mi auguro che Roberto possa accettare l’omosessualità di Sandro. Non possiamo far passare il messaggio che dall’omosessualità ci si debba curare. Perché non è una malattia. Assolutamente. Come invece sosteneva Ferri che guardava su internet e cercava delle cure. In questa fase di grande sofferenza, Roberto si è accorto che i suoi figli, nonostante tutte le sue passate malefatte nei loro confronti, gli sono ancora vicini. Per questo penso e spero che avrà un atteggiamento più comprensivo e che questa esperienza rimarrà in lui, segnandolo positivamente.

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AMORE
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Roberto e Marina sembrano avere due modi diversi di concepire l’amore. Lei vivendolo come una sorta di vera e propria dipendenza; lui come forma di possesso quasi materiale. Cosa pensate, nel merito, del vostro personaggio?

N: Diciamo che Marina è schiava d’amore. Non c’è niente da fare. Roberto per lei è un faro ma, nel momento in cui sta per avvicinarsi, arriva sempre qualcosa che interrompe la magia. Lui, però, resta sempre il suo chiodo fisso. Il suo grande amore. Vivere l’amore come fa lei, secondo me, è sbagliato però gli autori raccontano qualcosa che c’è nella realtà. Nella vita esiste la schiava d’amore, la persona che non riesce a fare a meno di un’altra pur sapendo che quel legame non funziona. Quindi è giusto raccontarlo. Sai, molte donne mi scrivono che si identificano in Marina Giordano perché, sì, è vero, si fa schiacciare dall’uomo che ama alla follia però basta un niente e lei reagisce. E, a modo suo, magari sbagliando, riesce a fargliela pagare. Cosa che molte donne non sanno fare. Ecco, Marina è la loro paladina. Di queste donne che vorrebbero affrontare il proprio maschio come fa lei ma che non ce la fanno. Io, in realtà, sono molto diversa da Marina. Nella mia vita, quando c’era qualcosa che non andava e la storia finiva, dicevo “è stato bello ma le nostre strade adesso prendono due binari diversi”. Però mi diverto molto a interpretarla, mi fa tanta tenerezza.

R: Il mio personaggio vive l’amore con possessività ma anche come vero e proprio status. Come esibizione di ciò che è suo. Lo faceva, ad esempio, con Greta. Con Marina Giordano però non ci riesce perché sono due caratteri dominanti, due personalità forti. Una rappresenta il potere della volontà, l’altro, quello dell’ambizione. Tutti e due concorrono allo stesso obiettivo: una supremazia, un riconoscimento da parte degli altri di essere il migliore, il più forte, il più danaroso, quello con più potere. Lo stesso potere che però, spesso, obnubila Ferri e lo fa cogliere da deliri di onnipotenza. E il bello è che, ogni volta, casca come una pera cotta. A me piacciono molto queste cadute. Diciamo che un po’ se le merita.

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DENARO
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Supremazia. Status. Potere. E soldi. Il benessere economico ha un’importanza notevole per Roberto e Marina. Che posto ricoprono nella vostra personale scala di valori?

N: I soldi sono molto importanti. Certo, non per frivolezze come il comprarti la borsa o il maglioncino di marca, ma per andare avanti nella vita con serenità. Così, se ti capita un imprevisto, non sei scoperta. Da ragazzina ero una cicala. Poi, durante la maturità, sono diventata una formichina. Credo sia una questione anagrafica. Sai, si dice che, finché c’è la salute, c’è tutto. Però, se la salute viene a mancare, ti devi curare. Va da sé che un piccolo salvadanaio lo devi avere. A vent’anni non ci pensi. Poi sali di età, le cose cambiano e ci stai più attenta. A meno che non sei la figlia di Onassis o non hai degli ingaggi da milioni e milioni di euro come in America…
R: Io ho sempre detestato il denaro. Nella mia società ideale il denaro sarebbe sostituito dal baratto. Una forma più bella, più interessante. Uno scambio di energie. Anche i soldi teoricamente potrebbero esserlo ma poi pensi ai mercati azionari, alle bolle della new economy, a quello che non arriva alla seconda settimana… e ti monta la rabbia. Detto questo, il denaro ovviamente contribuisce a una serenità ma non puoi sapere se la persona che sta meglio di te economicamente è davvero felice. Non ho l’atteggiamento di Mazzarò che, nella novella di Verga, voleva portare con sé le sue ricchezze pure nella tomba. Sono più in linea con “L’eterna illusione”: il denaro non è la cosa più importante, non te lo puoi portare appresso al termine della tua esistenza. Siamo tutti destinati a lasciare ciò che abbiamo. Quello che resta sono i rapporti umani.

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INFEDELTÀ
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Marina sta bene economicamente ma non sembra felice. Ha a lungo sofferto per l’infedeltà di Roberto e, alla fine, si è vendicata mandandolo in prigione. Cosa pensate delle scappatelle di Ferri? Dopo la dura esperienza dietro le sbarre ci potrà essere spazio per una metamorfosi emotiva di lui?

N: Roberto potrebbe anche cambiare per un po’ ma poi tornerebbe punto e a capo perché sennò si stravolgerebbe il personaggio. Diciamo che questo è il gioco delle parti, è sempre stato così… Però lui nei periodi di crisi, di abbandono, di sconfitta, cerca Marina. E per lei è la stessa cosa. Sono due calamite ed è difficile che si stacchino definitivamente. Nei momenti più importanti si sono sempre spalleggiati. Nessuno ha mai abbandonato l’altro. Questo è il loro destino.

R: Forse le infedeltà di Ferri sono dovute al fatto che è abituato a prendersi ciò che vuole. Però non dimentichiamo che è anche stato tradito. E dopo neanche due mesi di matrimonio. Dalla sua Greta che è finita tra le braccia di Ferdinando Rizzo, cioè Marco Bonini che ha da poco interpretato “Il paradiso delle Signore”. Il mio personaggio comunque è indifendibile. E infatti paga in termini di tradimenti, di solitudine, di emarginazione. C’è un Ferri, però, quello degli inizi, che aveva amato molto Eleonora. E l’aveva vista morire. Spero di trovare nei copioni futuri di nuovo quel Roberto, belligerante nel lavoro ma più umano e comprensivo in amore. Me lo auguro. Sicuramente ci sono tante cose aperte. Se tornasse Miriam Imparato come reagirebbe Roberto Ferri? Alla fine scoprirà che dietro la sua prigionia c’è Marina Giordano? E, se sì, come si comporterà? Io non lo so ancora ma, semmai dovesse accadere, a me piacerebbe che lui la perdonasse, che le dicesse “Sì, ho capito: hai fatto tutto questo perché ti ho ferito. Non possiamo stare più insieme ma ti perdono”. È pur vero che in televisione le guerre, le faide tra personaggi funzionano…

Passando infine dalla soap alla realtà, cosa pensate voi due del tradimento?

N: Ah, non me ne parlare proprio. No, non scherziamo, io lo dico sempre: se non va più, perché massacrarsi facendosi del male? Bisogna prendere la propria strada con intelligenza e rispetto perché non si può infangare una storia, magari di anni. Con garbo si dice “ok, forse è il caso di prendere le distanze”, mantenendo comunque un affetto. Ma non si può più stare insieme. Ecco io sono così. Molte persone, schiave d’amore, preferiscono farsi massacrare piuttosto che allontanarsi. Io dico sempre che quando uno vive una storia malata e non c’è più comunicazione è meglio staccarsi e ricominciare da zero. Magari con un’altra persona. Se vedo che non va, chiudo: restare non porta mai niente di buono.

R: L’infedeltà solitamente avviene quando non sei soddisfatto di quello che hai. O non sei completamente coinvolto. Sono belli i rapporti che durano e mi piace molto l’idea del grande amore, dell’amore eterno. Però non sono cose che viaggiano da sole. Hanno bisogno di grande attenzione, bisogna coltivarle. Non a caso si dice che sono come delle piante che bisogna innaffiare tutti i giorni. Io non ho un carattere infedele. Sono tendenzialmente e tecnicamente monogamo. Le rarissime volte che mi è capitato di tradire, sarà stato due volte, l’ho fatto perché non ero più coinvolto e non avevo avuto la forza di lasciare. Ero molto più giovane e forse non avevo gli strumenti per affrontare la responsabilità di comunicare la fine di un rapporto. Anche se, tutte le volte che le donne con cui stavo lo dovevano comunicare a me, non si facevano grossi scrupoli. Diciamo che son stato più lasciato e tradito di quanto non abbia fatto io. Però mi prendo grosse soddisfazioni nell’interpretare Roberto Ferri perché do sfogo a tutto quello che non sono e non ho mai fatto in vita mia… No, scherzi a parte, sono sposato e innamorato pazzo di mia moglie. Lei è la persona della mia vita, quella a cui non ho mai chiesto di cambiare. Farla felice mi rende felice. Certo, magari non ci riesco tutte le volte. Ma è la cosa che mi sta più a cuore. Ecco, quando si è in questo stato di grazia non si pensa al tradimento. Non a caso anche Ferri, quando è stato estremamente coinvolto, durante la storia con Eleonora, si è comportato meglio.