Fabiano… Che pesce sei? E siamo stati buoni a non usare un’altra delle strofe di Zucchero ma il senso alla fine è quello. Andrea Fabiano si sta impegnando alla costruzione di questa nuova Rai ma è una costruzione strana perché parte dalla dismissione, per adesso infatti si pensa solo a tagliare e a tagliare programmi di servizio. Di mattina le vittime sono “Il caffè di Raiuno” e “A conti fatti” e non riusciamo a comprenderne le motivazioni. Come? Gli ascolti bassi? Ma questa nuova dirigenza ha fatto della propria bandiera il mantra del “A noi non importano gli ascolti”.
E lo hanno detto nero su bianco. Eh si, c’è una bella intervista rilasciata a settembre a “Il Foglio quotidiano” nella quale Antonio Campo Dall’Orto in persona dichiara: “Lo dico con sincerità e senza girarci attorno. Se questa fosse un’azienda privata tutte le nostre energie dovrebbero essere concentrate su come fare più soldi e a come trasformare ogni singolo minuto di programmazione in uno spazio potenzialmente utile per poterlo vendere a un inserzionista. La Rai non è una televisione commerciale ma è un servizio pubblico e in nome di questo principio prendere qualche rischio con gli ascolti non è un’opzione ma è parte della propria missione, quasi un dovere morale.”
Un dovere morale sarebbe anche quello di capire qualcosa rispetto alle decisioni dei vertici perché, parliamoci chiaro: il direttore di rete è Andrea Fabiano e se vuole chiudere dei programmi ne ha facoltà ma, si spera, sarà anche perché vuole proporre qualcosa di diverso, un’offerta alternativa. Forse è stato ispirato da quella stessa intervista dove il suo capo usava un verbo tanto amato dai “Fuffi”, questo strano popolo di simpatici ometti che stanno governando i punti chiave del nostro paese. La parola è sperimentare: “Sperimentare, come ci insegna la vita quotidiana della televisione, non sempre coincide con lo sfondare, almeno dal punto di vista degli ascolti”. E allora però Fabiano deve aver capito male il significato del verbo “sperimentare” perché a quanto ci risulta e vorremmo davvero essere smentiti, ne saremmo contentissimi, a fronte dei tagli di questo inverno c’è come alternativa un riciclo, con la mezz’ora di Rainews 24 alle 6 del mattino e un allungamento del brodo di Uno Mattina, di Storie Vere e de La Prova del cuoco, il cui livello di sperimentazione è sotto gli occhi di tutti, quotidianamente, con l’Almanacco del giorno tra Santi, Madonne e “l’avvenne oggi” sciorinati dalla Clerici.
Ci piacerebbe capire e apprezzare il disegno, l’algoritmo per il quale si cancellano programmi che orientano il consumatore a fare scelte più consapevoli o consigliano il telespettatore a visitare una determinata mostra o a leggere un libro e si allungano le apparizioni miracolose di Storie Vere o le canzoncine nonsense de la Prova del cuoco e poi, allungandosi al pomeriggio, perché non si è intervenuti ad esempio su “Verdetto finale. Torto o Ragione?” Non ha valenza di servizio pubblico in quanto è opera di pura finzione a scopo di intrattenimento seguire le storie fantasiose dalla flebile coerenza legale, non fa nemmeno ascolti se pure vogliamo riprendere la variabile share che comunque le inserzioni devono essere vendute visto che spesso, troppo spesso, i soldi del canone restano impigliate nelle maglie del ministero e non fa “sperimentazione”.
Non riusciamo a capire la missione di scopo dietro queste soppressioni. Chiudiamo ancora con le parole di Campo Dall’Orto: “Diciamo che tra marzo e maggio ci sarà lo spazio per cominciare a disegnare una Rai più simile a quella che immagino”. Era settembre e, non c’è che dire è stato di parola: tra marzo e maggio sta operando i primi cambiamenti attraverso i suoi bracci armati sul campo: se l’immagine è quella che si sta delineando con un’infornata di dirigenti esterni, una programmazione estiva fatta di repliche e con quella invernale sbrodolata e stiracchiata bisogna dire che Antonio Campo Dall’Orto ha davvero una fervida immaginazione, degna di un film horror.