Rai, anche il ministro Alfano critica gli stipendi dei dirigenti

«Se questa dirigenza continua così, sarà quella che a furor di popolo farà privatizzare la Rai» dice il ministro dell'Interno. Anche l'opposizione con il capo gruppo alla Camera Renato Brunetta dice la sua

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«In una grande democrazia come l’Italia non è possibile che il dg della Rai guadagni sei volte più del premier: se questa dirigenza continua così, sarà quella che a furor di popolo farà privatizzare la Rai».

Non lo dice il vostro malizioso commentatore Lucignolo ma nienentepopodimenoche il ministro dell’interno Angelino Alfano che vede come fumo negli occhi ogni privatizzazione di baracconi lottizzati. Che poi Campo Dall’Orto, che nel suo curriculum vanta un robusto flop di La7 e una solida amicizia leopoldina con Renzi, si auto-riduca i 600mila euro anno non è impossibile, ma improbabile. Anche perché molti dei suoi direttori superano ormai ampiamente la soglia dei 240mila euro che viene consentita ai dirigenti pubblici. Con la differenza che quelli Rai pubblici non sarebbero, essendo la Rai formalmente una Spa, ma dello Stato. Che poi il contribuente si trovi a pagare il canone sulla bolletta della luce, anche se il televisore non ce l’ha, è altrettanto irrilevante per un società che fra collaboratori e dipendenti sfiora i 22mila addetti.

Se poi vogliamo parlare della qualità dei prodotti informativi e di intrattenimento entriamo su un terreno opinabile, soprattutto in una situazione di duopolio Rai-Mediaset. Ovviamente l’opposizione a questo governo con il capo gruppo alla Camera Renato Brunetta, sulla faccenda ci inzuppa il pane e tuona «in questi giorni, dopo la pubblicazione dei compensi dei dipendenti Rai al di sopra dei 200 mila euro è tutto uno stracciarsi di vesti per le cifre iperboliche, peraltro già anticipate dalla stampa, che sono appannaggio di dirigenti, collaboratori e giornalisti Rai. In certi casi, gli stipendi vengono addirittura percepiti senza che venga svolto alcun incarico dal beneficiario».

Vergogna! Ma di chi è la responsabilità? Ovviamente del governo secondo Brunetta. Così   il capo gruppo dei deputati di Forza Italia ricorda che «durante la discussione parlamentare della riforma della governance Rai, quasi un anno fa, il sottoscritto presentò alla Camera un ordine del giorno che venne accolto dal governo, con il quale si chiedeva di fare chiarezza circa le deroghe previste per le società pubbliche che emettono titoli obbligazionari sui mercati regolamentati, per quanto riguarda il cosiddetto “tetto ai compensi dei dirigenti pubblici”. L’odg presentato da Forza Italia chiedeva al governo un intervento perché venisse, una volta per tutte, fugato ogni dubbio circa il fatto che la Rai non opera sul mercato finanziario in via prevalente e perciò ad essa non si deve applicare alcuna deroga al tetto ai compensi per i dirigenti».

Bravo, sette più, ma sotto il profilo giuridico sarà molto difficile sbaraccare il gotha degli stipendi che rappresentano diritti contrattualmente acquisiti, salvo una marea di contenziosi ed eventuali sontuose liquidazioni per quei dirigenti, davvero pochi, che si avventurassero a fornire le loro prestazioni altrove. Prestazioni che Campo Dall’Orto dovrebbe verificare anziché fantasticare su una Rai 2.0 che ancora non si vede. Solo allora, forse, si potrebbe risparmiare qualcosa con licenziamenti giustificati, ma mamma Rai, come noto, non caccia nessuno. È tutta una grande famiglia.

Lucignolo