Ieri sera ci interessava capire come Di Maio avrebbe spiegato la mancata autorizzazione al giudice che chiedeva di compiere accertamenti su Salvini in base all’art. 96 della Costituzione, quello che delega alla giurisdizione ordinaria di accertare se membri del Governo abbiano compiuto ”reati commessi nell’esercizio delle loro funzioni”. E per questo –oltre che perché Netflix e Sky avevano un catalogo poco attrattivo- ci siamo rassegnati alla pazienza verso l’arena plaudente di Dimartedì, che tende altrimenti a darci sui nervi e a dirottarci quasi immediatamente altrove.
Qui il Di Maio, accudito e attutito dal Floris, ha sfoderato un fiume di sorridenti parole e battute, come se si fosse previamente corroborato con quattro caffè, e alla fine abbiamo capito che la ragion politica ha prevalso su quella, diciamo così, giudiziaria. Il che non ci scandalizza affatto anche se infrange uno dei tormentoni M5S: “via libera alla magistratura, sempre” aggiornandolo con un fatale “quasi”.
La regia con volpina astuzia, mentre Di Maio ri-plasmava l’identità del Movimento, ha tenuto in muto collegamento Salvini che da Bari attendeva il suo turno. Era un primo piano, ma non tanto stretto da celare gli applausi di Salvini ad alcune parole del collega di Governo. E questo applauso tra gli applausi è stato l’editoriale della serata.
Tutto sommato l’evento era valso la nostra pena, e così siamo restati lì a veder scorrere prima Salvini, serafico e sorridente, e dopo di lui Zingaretti (con la sua proposta di Arca di Noè riformista dove potremmo anche ritrovarci purché tanta bestie non comincino subito a reciprocamente sbranarsi).
E fatto trenta abbiamo fatto trentuno, sicché stamattina abbiamo chiesto all’Auditel qualche dato. In poche cifre, i tre hanno conseguito i seguenti dati di ascolto: Di Maio il 6,4%, Salvini il 6,8% e Zingaretti, l’homo novus, il 7,3%, corrispondenti rispettivamente a 1,71, 1,84 e 1,9 milioni di spettatori medi. La morale è che sembra esserci della curiosità per Zingaretti, mentre Salvini gode di uno slancio superiore a quello di Di Maio. Tuttavia tra i giovani dai 20 ai 24 anni il Governatore del Lazio passa dal primo al terzo posto, e quindi sospettiamo che questi figli del malessere saranno anche i più restii a fidarsi della sua Arca di genitori e nonni. E comunque non possiamo non segnalare come proprio le giovinette siano state percentualmente le più numerose a seguire quella fase del talk show (il 14%, il doppio della media complessiva del programma) mentre i loro coetanei si cono fermati al 4%.
La differenza è abissale e quindi dell’due l’una: o nel campione Auditel c’è un deficit di rappresentatività, oppure sul crinale della differenza di genere e di generazione sta bollendo qualcosa che –al femminile- va tenuta d’occhio. Fossimo sociologi, e fossimo Zingaretti, approfondiremmo.
Stefano Balassone