La televisione perde fettine di pubblico, ma nell’insieme si sta adattando alla convivenza con i social riuscendo a conservare una platea amplissima e generalista perché, dice l’auditel, non c’è italiano che nella sua giornata tipo non le conceda almeno un’occhiata, magari non sul televisore, ma sul pc o sul telefonino.
E quindi, più che cianciare della crisi della tv (che si fa aspettare che neanche Godot) conviene spulciare “le” crisi dentro la Tv. Perché comunque il mondo dei media e le abitudini di vita della popolazione mettono alla prova la tenuta delle linee di programmazione.
Oggi guardiamo i TG serali confrontando gli spettatori del 2015 (in calce spieghiamo perché lo abbiamo scelto come anno di confronto) rispetto al 2019 (da capodanno a ieri).
Guadagnano un po’ di spettatori TG7, TG3 e i TGRegione nel loro insieme. Perdono un po’ di spettatori, ma marginalmente e comunque molto meno della contrazione della platea complessiva della tv, TG1 e TG5.
Perdono invece a rotta di collo il TG4 e il TG2: quasi uno spettatore su quattro, una volta e mezzo la perdita addebitabile alla contrazione del pubblico nelle rispettive fasce orarie.
Queste cifre raccontano che TG4 e TG2 sono considerati marginali dal pubblico. Passi per il TG4 che è realizzato in economia, e si vede. Ma la marginalizzazione del TG2 è un problema grosso per la Rai per due ragioni: 1) i soldi che fa spendere (molti, a partire dagli stipendi di giornalisti, tecnici e collaboratori editoriali e amministrativi); 2) l’impedire il rinnovamento dell’offerta giacché ingombra proprio il primo, strategico scalino del prime time.
Dubitiamo che il problema sia all’attenzione dei dirigenti dell’azienda, nonostante che questi abbiano appena varato un Piano Industriale. Non lo abbiamo letto, ovviamente, ma l’esperienza ci dice che un Piano per quanto scritto con parole Industriali può essere concretamente assai poco Industrioso. Specie, ne abbiamo il sospetto o il timore (fate voi) se l’occhio con cui è scritto è sostanzialmente quello dello stalliere attento a rifornire le greppie. Ovvero a perpetuare quella cosa strana che i partiti della prima repubblica vararono sotto la bandiera del pluralismo e il cui senso è che l’uno, cioè la ragione dell’azienda, debba sembra cedere al molteplice, cioè la lottizzazione di cittadinanza. A costo di sprofondarvi.
Post Scriptum
Abbiamo scelto come anno di paragone il 2015 per tre ragioni: 1) era privo di importanti appuntamenti elettorali; 2) il TG7 aveva trovato un passo stabile, dopo la esplosione indotta dall’arrivo di Mentana; 3) la platea dei tre TG delle ore 20 aveva perso le punte del periodo più acuto della crisi economica, arrivando a stabilizzarsi attorno al 49% dell’audience complessiva della tv a quell’ora.
Stefano Balassone
Già nel cda Rai e vicedirettore di Rai3