Miracolo a Napoli, in vista del congresso Pd le tessere lievitano

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In molte contrade pare che le richieste di adesioni al Pd risultino superiori ai semplici rinnovi. Miracolo, si va gridando dalle parti Renziane. E’ bastata l’apparizione di Matteo in tv da Fazio per far lievitare le nuove adesioni che a Napoli (località storicamente scevra da ogni trucco per lo svolgimento delle passate primarie) si contano ormai in decine di tessere l’ora.
Ovviamente l’interesse per il prossimo congresso attira da più parti inusitate attenzioni, soprattutto dopo che il Pd è stato liberato (purgato?) dalla sinistra dalemiana, bersaniana e quant’altro, irrigidita nel desueto pugno chiuso al canto di ‘bandiera rossa’. Ma oggi avvelenata contro Matteo che aveva portato il partito ai grandi successi del referendum costituzionale (40% dei consensi) e alle recenti amministrative che hanno consentito ai democratici di mantenere un comune su due, perdendo solo Roma e Torino a favore dei 5stelle. Gli scissionisti, ormai resi lividi dall’invidia, non esitano a sciorinare  le accuse più infamanti. Come l’eurodeputato Massimo Paolucci passato armi e bagagli ai Democratici e Progressisti che addirittura ciancia di «clamorose ‘schifezze’ che, ancora una volta, emergono dal tesseramento del Pd a Napoli». Tessere false, potenti capi-corrente che, con la stessa carta di credito, pagano centinaia di iscrizioni. Una vergogna, dice lui, che non tiene conto invece del grande afflato partecipativo di popolo favorito dal fatto che la tessera a Napoli costa 10 euro. Operazione molto meno costosa di quanto nel dopoguerra fece l’armatore Lauro che, in campagna elettorale elargiva, alle plebi affamate, pacchi di pasta e paia scarpe. Nel caso del Pd napoletano i 10 euro ‘li devi cacciare’ e se proprio non puoi ci pensa qualche generoso compagno a far andare la plastica del bancomat per venire incontro ai ceti più disagiati. Un dubbio (immotivato) pare abbia turbato i sonni  del diffidente Orlando che ha l’onore di poter perdere  congresso e primarie con Renzi, tuttalpiù condividendo la sorte con le sparse truppe del volubile governatore della Puglia Emiliano. Così l’attuale ministro di Grazia e Giustizia non se tiene proprio e sbotta su La 7: «Sono arrivato tardi perché io non volevo questo congresso e questo percorso e i primi passi del tesseramento confermano le mie considerazioni: ci sono rialzi improvvisi delle tessere come si direbbe in borsa. Non era questo che serviva al Pd».

Aggiungendo «il discorso della rottamazione delle classi dirigenti evidentemente non si è realizzata. Sono sempre gli stessi che gestiscono il partito». Insomma Orlando, un po’ come la bella addormentata nel bosco, scopre la presunta involuzione del suo partito, così come gli scissionisti fingono di ignorare che la degenerazione correntizia del Pd e l’inquinamento delle primarie nascono ben prima che Renzi affermasse la sua loquace personalità. Il problema è che ora i compagni se la devono vedere con i bercianti grillini che crescono nei sondaggi. Maestri nella gestione del consenso di quei quattro gatti che smanettano on line, ma forti di quel 28% (secondo i sondaggi) di elettori che ancora credono alle loro favole. O tempora o mores. Intanto tutti si avviano, chi più chi meno allegramente, verso elezioni politiche che probabilmente non vedranno la vittoria di nessuna coalizione. Ma coraggio, nulla è perduto. Il Belgio è rimasto per quasi due anni essenza governo eppure esiste ancora, mentre gli spagnoli hanno votato un paio di volte per arrivare alla inevitabile coalizione fra socialisti e moderati con il Pil in crescita oltre il 3%, livelli che l’Italia nemmeno si sogna. C’è di che meditare.
Balthazar