Tutto può succedere 2, Pietro Sermonti è Alessandro. Terzo figlio e crisi profonda

L'attore, figlio del dantista Vittorio morto pochi mesi fa, racconta il legame con suo padre e un progetto che ha in mente

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Tutto può succedere 2, Pietro Sermonti è Alessandro Ferraro
Tutto può succedere 2, Pietro Sermonti è Alessandro Ferraro

Pietro Sermonti torna a vestire i panni di Alessandro Ferraro nella serie tv Tutto può succedere 2, in prima serata su Rai Uno dal 20 aprile. L’attore nato a Roma lo abbiamo ammirato l’anno scorso nella prima stagione di questa fiction, e prima ancora nel ruolo di Guido Zanin di Un medico in famiglia. Ma è stato anche Stanis La Rochelle in Boris ed è lui l’antropologo della triologia cinematografica di successo Smetto quando voglio.

TUTTO PUÒ SUCCEDERE 2

Cosa succede ad Alessandro in questa seconda stagione? «Lo abbiamo lasciato alla fine della prima serie che aveva scoperto che sua moglie era incinta e non sua figlia – spiega l’attore romano -. Per cui in famiglia arriverà un terzo figlio e ne succederanno tante, e Alessandro entrerà in crisi. Lui è un uomo tutto casa e lavoro, che si dedica alla famiglia e ama da anni la stessa donna. Io amo molto questo personaggio, che è un po’ la pecora bianca della famiglia. Un uomo buono, a livello umano».

Pietro Sermonti ammette di non essere un tipo social e scherzando ammette: «Vi aspetto tutti dal 20 aprile, mi raccomando voglio da voi una febbrile partecipazione sui social, ci tengo davvero». Lo dice sorridendo e poi ammette però di preferire una pizza con i fan, piuttosto che lanciare un tweet.

PIETRO SERMONTI E SUO PADRE VITTORIO

L’attore figlio dello scrittore e dantista Vittorio Sermonti e dell’imprenditrice Samaritana Rattazzi (figlia di Susanna Agnelli e del conte Urbano Rattazzi) ha da pochi mesi perso il padre. Un uomo di grande cultura, a cui il figlio – che lo chiama «babbo» – era legato da un profondo affetto.

«Mi ha fatto innamorare del teatro prima che del calcio – racconta Pietro Sermonti -. Lui è morto il 23 (novembre, ndr) e io sono tornato a lavorare il 27. Siccome non riuscivo a dormire, mi sono messo ad ascoltare la sua voce. Lui ha lasciato centinaia di ore di registrazione, e sentire la voce turba, così ho pianto come una fontana. Poi mi è venuta a prendere la macchina per andare sul set, sono sceso con gli occhialoni e sono salito a bordo. L’uomo al volante si è messo a ridere, avevo sbagliato macchina. Sono scoppiato a ridere anch’io. Ecco sono passato dalla disperazione nera a un’allegria smisurato, lì ho sentito che c’era la mano di mio padre. Da regista racconterò di questa perdita, che paradossalmente ha lasciato un enorme spazio. Ma non posso dire altro, mi prenderò del tempo, e poi vi sarò sapere».