Rai, le dimissioni di Carlo Verdelli sono una sconfitta per il dg Campo dall’Orto

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I cultori della materia saranno già ampiamente informati delle dimissioni del direttore editoriale per l’offerta informativa Rai Carlo Verdelli. La decisione di rassegnare il mandato è stata presa dopo un acceso consiglio d’amministrazione in cui era stata bocciato il suo progetto di riorganizzazione dell’informazione.

Il piano prevedeva il trasferimento del Tg2 a Milano, le macroregioni, l’integrazione tra Rainews e Tgr,  ma qualche giorno prima era già chiaro che il tanto atteso (si fa per dire)  piano  non aveva alcuna possibilità di passare. Una sconfitta per il dg Campo dall’Orto che ormai da mesi è oggetto di critiche diffuse per il suo operato e del quale qualcuno già preconizza il dimissionamento, magari dopo le prossime elezioni politiche.  Ovviamente anche lui avverte odor di bruciato e si è affrettato a dichiarare che il cda gli ha dato mandato di proseguire l’opera di Verdelli. «Procederò, spiegava al Corriere della Sera, operando una sintesi, coerente al progetto di media company che ho messo a punto, del piano Verdelli e le osservazioni sia dei consiglieri che delle strutture.»

Va sottolineato che la presidente di quel cda che ha bocciato il piano Verdelli è  Monica Maggioni che tuttavia, secondo Campo, ha «un compito di equilibrio e garanzia in quel consiglio al quale la direzione generale proporrà un piano.» Come dire “stai al tuo posto che l’organizzazione dell’azienda la governo io”. Tutto bene allora? In effetti oltre alla marea di critiche che ha sommerso il direttore generale oggi è l’onnipotente sindacato dei giornalisti Rai (Usigrai) ben supportato dalla Federazione della Stampa a prendere posizione. «La Rai non ha bisogno di piani di riforma buttati giù di fretta (e ce mancherebbe…ndr).  Affermano perentoriamente il segretario e presidente della Federazione nazionale della stampa, Raffaele Lorusso e Giuseppe Giulietti e il segretario Usigrai Vittorio di Trapani. Inoltre la toppa che intenderebbe metterci Dall’Orto ora «rischia di essere peggiore del buco.» Infatti  «in questi 18 mesi, il vertice ha prodotto fallimenti tv, ignorato la radio, azzerato l’informazione sul web, ha violato regole facendosi sanzionare da Autorità e giudici. Il risultato è nel fango e nella delegittimazione della Rai che oggi è palese leggendo i giornali (fonte primaria di informazione obiettiva ndr) . Questo vertice ha gettato addosso alla Rai l’immagine di un corpaccione irriformabile.»

Analisi impietosa ma che non sorprende data l’ostilità che la corporazione ha già manifestata a questo vertice.  Quindi  «dopo un fallimento tale, deve essere il vertice ad assumersi le proprie responsabilità e trarne le conseguenze davanti all’azionista, come accadrebbe in qualsiasi altra azienda.» Che in parole povere segnica “tutti a casa”. Poi, prosegue il sindacato, con un po di fumo tanto per non sfigurare sul piano delle proposte «l’unico modo per farlo è ripartire dalle fondamenta: una Concessione che rimetta al centro questo patrimonio nazionale, risorse certe e di lunga durata per innovare, una missione nuova definita con governo e vigilanza, e quindi un piano industriale e un piano editoriale, con un vertice in grado di definirli e attuarli.»

E la commissione di vigilanza parlamentare sulla Rai che fa?  Diciamo che molti si stanno già agitando con diverse motivazioni politiche. A partire dal deputato del Partito democratico e segretario della commissione di Vigilanza Rai, Michele Anzaldi, che in un’intervista pubblicata su ‘Prima online’ si premura di precisare che «Renzi non c’entra nulla con quanto sta accadendo in Rai. Fin dall’inizio gli attuali vertici hanno operato in autonomia, come è giusto dopo gli anni di Berlusconi e degli editti bulgari, e spesso peraltro sono anche andati contro alcuni dei capisaldi dell’esperienza del Governo Renzi, tradendo in sostanza le aspettative.» Perché  mentre Matteo  «tagliava le retribuzioni dei manager pubblici, ponendo il tetto a 240mila euro, in Rai Campo Dall’Orto faceva il pieno di assunzioni esterne con contratti da 360mila euro, come i direttori di rete nominati da lui»

Meno male che «grazie al voto del Pd in parlamento, il tetto è diventato obbligatorio per legge» mentre  il Cda «vorrebbe addirittura bloccarlo.» E poi il Governo Renzi, per la prima volta nella storia, abbassa il canone Rai, che gli altri governi avevano sempre aumentato, e lo mette in bolletta per impedire che ci siano evasione e furbetti.» Tutt va ben madama la marchesa? Proprio tutto no perché «in un anno e mezzo di attività – prosegue Anzaldi – l’attuale gestione Rai ha operato su un tema strategico come l’informazione senza alcuna strategia. Nessuna decisione è stata presa a scadenza, tanto che si sono chiusi senza alcun piano ‘Ballarò’, ‘Virus’, ‘Scala Mercalli’, solo per citarne alcuni. Tanti spazi chiusi e regalati alla concorrenza….» Mentre «le uniche decisioni prese in tema di informazione  sono state le assunzioni esterne bocciate dall’Anac e le nomine alle direzioni dei telegiornali decise all’improvviso e in 24 ore per arginare lo scandalo Stipendiopoli, emerso grazie all’obbligo di trasparenza imposto proprio dal Governo Renzi.» Non solo, ma  «il vecchio Piano Gubitosi, votato da Cda e Vigilanza con 70 milioni di euro di risparmi annui, è stato cancellato, e a metà mandato non ce n’è ancora un nuovo.»

In appendice va detto che intanto nei giorni scorsi,  i senatori di Forza Italia, Francesco Aracri ed Enzo Fasano se la prendevano con Veltroni affermando «ha ragione Gasparri: la Rai è    allo sbando. Il simbolo è la scelta suicida di Rai Uno che continua imperterrita a mandare in onda i programmi strapagati di Veltroni.» Infatti «martedì’ sera per la sesta volta l’ex lottizzatore ora lottizzato ha portato la principale rete Rai all’otto per cento di ascolto. Una catastrofe». Per questa ragione hanno presentato un esposto alla Corte dei Conti contro Veltroni e i dirigenti Rai.
Annamo bene!
Lucignolo