La competizione per le primarie Pd previste il 6 marzo scorre lungo i binari della pacata normalità, forse anche un po’ noiosa, fra i due canditati Giachetti e Morassut entrambi fedeli di Renzi, e forse molto più simili di quanto possa sembrare. Tuttavia lo scorrer tranquillo di acque poco mosse, ogni tanto vede qualche guizzo polemico, qualche distinguo, a difesa della propria posizione.
ROBERTO MORASSUT
E’ il caso di Roberto Morassut che fa di tutto per non farsi pesare addosso l’identificazione con quel Pd romano di un tempo, che ancora paga fra l’opinione pubblica le vicende di mafia capitale, che vanno comunque via via stemperandosi grazie alla lunghezza del processo monstre. «Ogni tanto leggo che alcuni superficiali commentatori mi considerano il candidato dell’apparato. Li invito ad una lettura più accorta» precisa oggi l’ex assessore di Veltroni. Poi fa notare di non aver il sostegno «dei maggiori leader di governo, del Presidente della Regione Lazio, del maggior numero dei Presidenti di Municipio di Roma e degli eletti (ai Municipi, al Comune, alla Regione e al Parlamento )». Una sorta di ‘frente amplio’ che si è schierato sin dall’inizio con Giachetti. Ma quello che più preme a Morassut è differenziarsi rispetto alle «varie “correnti” che abitano il Pd romano». Evidentemente ancora vive e operose nonostante l’apparente repulisti del commissario del Pd capitolino, on. Matteo Orfini. Eppure sotterraneamente gruppi, cordate e grandi elettori si stanno muovendo a favore dell’uno o dell’altro candidato anche perché le primarie dei Democratici non si sono mai svolte al buio confidando nella spontaneità del popolo. Sotto sotto è sempre il partito, o quello che ne resta soprattutto nel caso di Roma, che si muove e organizza. Senza dimenticare che bene o male gli esponenti che sostengono l’uno o l’altro candidato, detengono pacchetti di preferenze magari oggi un po’ rattrappiti, ma che sono pur sempre voti utili.
ROBERTO GIACHETTI
Giachetti probabilmente avverte meno l’impatto di questi interventi perché gode della investitura del presidente del Consiglio che in questo momento va per la maggiore nel gradimento pubblico. Un Renzi che nei sondaggi traina il Pd a scapito del Movimento 5stelle che negli ultimi tempi ha perso qualche decimale di punto. D’altra parte è ormai evidente che il nemico da battere sono proprio i Grillini che non nascondono un certo nervosismo accampando complotti e retroscena poco credibili. Eppure c’è un nemico ancora più insidioso alle porte.
PRIMARIE PD. LA MINA VAGANTE IGNAZIO MARINO
Parliamo di Ignazio Marino che non risparmia pesanti affondi quotidiani nei confronti del suo partito e di Renzi. Il rischio è grosso perché la presentazione di una lista con il suo nome sostenuta anche da Fassina, che chiede le primarie della sinistra sinistra, potrebbe addirittura impedire al Pd di arrivare al ballottaggio. Per ora Giachetti e Morassut fanno i vaghi, anzi il vice presidente della Camera ha addirittura criticato il modo in cui Marino è stato fatto fuori, ma entrambi giudicano superata e non positiva l’esperienza di Ignazio. Comunque consapevoli che una saldatura politica tra Fassina e l’ex sindaco potrebbe generare un polo vicino al 10% dei consensi. Al momento la ricucitura con Sel, che potrebbe rendere più affannosa la sfida di Marino, appare pressoché impossibile. Ma la politica talora è proprio l’arte dell’impossibile e dopo le primarie si vedrà. Il caso della Liguria (e non solo) persa per lo scontro fra le due case della sinistra resta un monito incombente.
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Giuliano Longo