Rai, “Cose Nostre” o cose loro? Quando qualità e ascolti non coincidono

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Andrea Fabiano

Da quando si è insediato sulla poltrona di direttore lo avrà citato decine di volte. Quando è stato convocato in commissione di vigilanza per chiarire come mai sulla sua rete si fosse deciso di dare parola al figlio di Totò Riina lo ha citato come esempio lampante di quanto la Rai fosse in prima fila nella lotta alle mafie. Stiamo parlando di “Cose nostre” e di Andrea Fabiano. “Cose nostre” è il programma che ha raccontato le storie di giornalisti e imprenditori costretti a vivere sotto scorta per aver denunciato gli affari delle mafie che venerdì ha fatto il suo esordio in prima serata collezionando un misero 8,61%.
IL NUOVO CORSO RAI – E qui proviamo ad aprire una discussione sul nuovo corso della Rai. E’ sempre stato un pallino della sinistra quello di voler essere il faro del paese in termini culturali (e di conseguenza morali). E’ stato talmente così forte questo imprinting che la destra non ha mai provato ad avanzare pretese di quanto questo discorso potesse essere una boiata pazzesca. La sinistra ha il bollino di qualità sulle idee, sulla cultura e sulla produzione dei contenuti: la destra al massimo può ridere con i programmi beceri pieni di culi e tette. In Rai infatti la sinistra ha sempre avuto una influenza massiccia e un forte controllo all’ombra della Dc alla quale veniva affidato il comando apicale. E’ talmente forte e scolpito nella roccia questo “comandamento” che anche adesso che non esiste più nulla di quanto citato in precedenza ma vi è solo un ammasso informe fatto di post-democristiani che di sinistra non hanno più nulla ma di “sinistro” invece ne hanno da vendere,  la cosiddetta qualità viene ancora sbandierata come la “missione” alla quale la Rai è chiamata ad obbedire. E per perseguire questa missione bisogna dire addio agli ascolti quasi fossero lo sterco del demonio. Per anni si sono costruiti imperi e carriere su variazioni decimali di quegli stramaledetti ascolti ma da quando si è insediato l’Ortolano della Tv non si è fatto che ripetere come un mantra che non rappresentano più nulla. Anche Luigi Zanda, capogruppo Pd al Senato, lo ha ribadito recentemente: “L’audience non può essere la bussola”. Per carità, tutto legittimo. Ma chi decide cosa è di qualità? Andrea Fabiano? Antonio Campo Dall’Orto? Insomma: son “Cose nostre” o “Cose loro?”. Se il giorno dopo la messa in onda segna 8,61% cosa vuol dire, che il pubblico non ha capito perché è gretto e ignorante?
I DUBBI – Invece di interrogarsi su quanto questi argomenti dovrebbero essere trattati quotidianamente in programmi popolari come “Uno mattina”, “Vita in diretta” “I Fatti vostri” si preferisce riempirsi la bocca con l’evento. Il rischio è che il regno del “grande Fuffo”, quello finora relegato ai Tweet di complimenti vicendevoli e di grandi successi sbandierati perché in 20mila avevano seguito col cellulare quel particolare avvenimento, diventi la regola anche nel mondo reale e che l’8,61% di share diventi un grande successo perché basta ripeterlo tre volte, e sbattere i tacchi. Perché da domani non è che si smette di produrre e mandare in onda “Don Matteo” o “Medico in famiglia”: in quel caso, anche con un prodotto mediocre rispetto alla media delle serie tv realizzate in Europa (escludendo così gli Usa per non apparire infimi) il 20 e il 27% di share tornano ad essere numeri importanti di cui vantarsi, numeri che salvano la poltrona.
Non entriamo nel merito del programma in sé ma ci chiediamo su chi debba decidere se quel determinato programma sia stato oggettivamente di qualità quando lo hanno visto in pochi per una prima serata della rete ammiraglia.
E’ arrivata la bolletta salva tutti e se questi sono i prodromi, il timore è quello di una tv “Capalbio style”: e allora non ci resta che rim-piangere culi e tette.
Bob