Rai, come distruggere la tv di stato

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Non ci si crede. Eppure dal 1994, quando Berlusconi salì al potere, barricate di Comunisti (…comunali), si ponevano a difesa del servizio pubblico radio televisivo, sbandierando chi sa quali scenari di occupazione della Rai, dell’informazione, dell’etere. Circa venti anni dopo, o poco più, i famosi “comunisti di cui sopra”, oppure direi a questo punto “sinistri” (di nome e di fatto) stanno ponendo in essere una serie di azioni atte a distruggere la Rai. Nessuno dei giornali a grande tiratura ha detto la verità sulla situazione della Rai che è una delle poche aziende con i conti a posto, che è saccheggiata dallo stesso Stato che ne detiene la proprietà, e che non è un’azienda pubblica, ma un’azienda privata d’interesse pubblico che meriterebbe fior di manager pagati a dovere per governarla, e che le star con i compensi milionari in realtà producono reddito “attivo” per lo stesso sostentamento dell’azienda, omettendo in fine che la gran parte dei politici che ora la osteggiano ne ha approfittato stuprandola in ogni modo possibile. Eppure, nonostante tutto è in piedi, resistendo quotidianamente a questi attacchi. Ogni governo in campagna elettorale promette l’abolizione dell’odiata gabella, facendo poi inversione ad U rendendosi conto dell’attivo che la Rai produce (ricordate che il governo Renzi per ben due volte ha sottratto milioni di euro per coprire altri gettiti del DEF). Oggi non è difesa da nessuno, neanche da se stessa. La Rai, prima azienda d’Europa, che non sfrutta un’ora della sua programmazione per raccontare tutto ciò che fa per Concetta di Molfetta, e per la casalinga di Voghera. Immaginate un giorno l’Isis che acquista azioni di una tv privata e attraverso i suoi canali facesse proselitismo? Eppure per la scalata di Vivendì addirittura Gentiloni è sceso in campo per difendere un’azienda italiana! Non è fanta-politica è la realtà. Se non sarà modificata la legge sui compensi l’azienda rischia di trovarsi nelle condizioni di dover perdere le sue principali stars, da un giorno all’altro, mettendo a rischio i contratti pubblicitari con gli sponsor, forse pagando anche delle penali. Ripeto, se in passato vi hanno urlato che per i compensi degli artisti c’era uno sperpero di denaro pubblico vi hanno preso in giro, i loro contratti sono ripagati con gli interessi attraverso il ricavato degli spot permettendo alla rai di essere sempre prima su tutte le tv nazionali. Il taglio dei compensi dei manager, unito alla riduzione del canone in bolletta a 90 euro, più l’estensione del taglio ai contratti artistici mette in pericolo la stabilità del sistema, a meno che anche i privati approfitteranno a questo punto per ridurre sensibilmente i cachet. Questo mix ha messo a dura prova Antonio Campo D’Allorto, un creativo messo in un recinto troppo stretto. La creatività ha bisogno di soldi. CDO si è rivelato il manager giusto al momento sbagliato. Oggi sarebbe stato più utile Luigi Gubitosi che di gestione e finanza se ne intendeva. Chi sa che in qualche stanza non si stia pensando al Gubitosi bis.

Carlo Brigante