Fortunato Cerlino (Don Savastano di ‘Gomorra’): “I grandi boss non sono persone che urlano, facilmente riconoscibili, hanno un aspetto dignitoso e neanche lo capisci che siano camorristi”

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L’attore Fortunato Cerlino, interprete del personaggio di Pietro Savastano nella serie tv ‘Gomorra’, è intervenuto ai microfoni della trasmissione “L’Italia s’è desta” condotta da Gianluca Fabi, Matteo Torrioli e Daniel Moretti su Radio Cusano Campus, emittente dell’Università Niccolò Cusano.

Sul suo personaggio in ‘Gomorra’. “Io sono assolutamente grato a quell’esperienza, si è creata una famiglia, sono persone con cui mi sento tutti i giorni e che adoro. Savastano mi ha dato la notorietà e mi sta dando opportunità pazzesche. Proprio i personaggi più distanti da te sono i più facili da interpretare. Pietro Savastano è un personaggio che conosco bene perché ne ho incontrati di personaggi di quel tipo. Quando è nata l’operazione dissi al regista Sollima: ho visto molti camorristi e soprattutto i grandi boss non sono persone che urlano, facilmente riconoscibili, hanno un aspetto dignitoso e neanche lo capisci che siano camorristi. La violenza, quella seria, quella profonda, è un’indole, spesso più sono raffinate e acculturate queste persone più sono violente. Un aspetto positivo di Gomorra è questo valore di cinema di impegno civile, perché tutto quello che è stato raccontato è realmente accaduto. Noi abbiamo raccontato una piccola parte di questi eventi, alcuni hanno fatto venire la pelle d’oca anche a noi e abbiamo deciso di non proporle. Polemiche su rischio emulazione? Quando siamo andati a Scampia molte persone volevano che venissero raccontate queste cose. Alcune di queste polemiche hanno avuto anche un motivo politico. Il cinema non deve fermarsi, soprattutto quando diventa denuncia. Ovvio che lo spettatore deve arrivare preparato alla visione. E’ la scuola che manca, manca l’istruzione. C’è un mondo lasciato nelle mani della criminalità, un mondo di giovanissimi che viene assolutamente abbandonato a proposte indecenti. Ho incontrato persone nelle carceri che mi hanno detto: mi bastavano anche 700-800 euro al mese e non avrei fatto quello che ho fatto. La maggior parte di loro non ha avuto nessuna possibilità”.

Su ‘Nero a metà’ in cui interpreta Mario Muzo. “Mi trovo sempre a casa quando incontro persone appassionate, che non lo fanno soltanto per mestiere. Mi è capitato sempre di imbattermi in esperienze in cui ho trovato persone appassionate. Ho imparato tanto da Pontecorvo. Il personaggio di Mario Muzo mi sta dando possibilità di incontrare persone in divisa e di capire che spesso siamo molto superficiali con questi soggetti. A volte per 2-3 mele marce, che vanno punite, facciamo di tutta un’erba un fascio. Ma queste sono persone che sotto la divisa hanno delle storie, esperienze di vita, che spesso ignoriamo perché siamo accecati dalla difesa”.