I volontari della Protezione Civile di Nemi e Castel Gandolfo raccontano l’esperienza vissuta in Abruzzo
“C’è mia figlia lì sotto, ha freddo, tiratela fuori, ha freddo”. E’ il grido disperato di una madre che aspettava che estraessero dalle macerie la figlia di 13 anni. A raccontarlo è Aldo del Manzo, responsabile dei volontari della protezione civile Saggittario di Nemi e Castel Gandolfo. Ieri quattro volontari sono tornati ai Castelli portando con loro un pezzo di storia e di sensazioni di quei terribili, tragici attimi interrotti da momenti di fiducia, di speranza e di commozione. I volontari si sono divisi tra i paesi di Onna e San Pio delle Camere, erano in tanti, da tutte le regioni, tante le associazioni, dagli alpini ai numerosi volontari degli ex Vigili del Fuoco in congedo. “Polvere, macerie e intorno bambini, anziani e famiglie con coperte sulle spalle”, ricordi crollati in una notte e definitivamente spenti nelle ore successive. Tantissime braccia hanno lavorato ininterrottamente, montando tende, perlustrando le vie più piccole dei paesi, gli edifici. Mani piene di speranza di trovare vita sotto i calcinacci, le pietre, le porte, i letti. Tutto era dappertutto e nulla era più come prima. “Abbiamo aiutato ad estrarre una ragazza di 13 anni, non si vedeva nulla, speravamo fosse viva ma era una delle tante vittime, un corpo freddo da restituire ai genitori, coperta di pulviscolo nero, in camicia da notte”. In un attimo, accanto il campo sportivo del paese San Pio, tantissime tende blu, le preparazioni dei posti letto; sei o otto per tenda e una centrale che fungeva da mensa dove sopra un grande fornello bolliva l’acqua per la pasta. “Era quasi ora di cena – ha continuato Del Manzo- e ci ha colpito la scena di una donna anziana di nome Ninetta che non voleva lasciare i resti della sua casa che oramai non esisteva più”. “Io non me ne vado da casa mia, andate via! Voglio restare qui” gridava Ninetta che si teneva stretta la sua sedia, il suo scialle, due o tre stracci trovati in mezzo alle macerie. Poi alla fine si è convinta ma non si è voluta separare dalle sue poche cose, ha voluto che la sua sedia fosse portata nella tenda, poi stanca di difendere i ricordi della sua vita in frantumi ha chiuso gli occhi, ha pianto ed è entrata nella tenda insieme agli altri. La cena era pronta, i volontari erano riusciti a dare un modesto pasto a tutti e la cosa più meravigliosa in quella terra ricoperta di bare e di case rase al suolo era l’immagine incosciente dei bambini che avevano trovato un pallone e si erano messi a giocare a calcio. Qualcuno di loro aveva perso un fratello o la nonna. “Una mamma guardava suo figlio che calciava la palla” ha raccontato un volontario di polizia “lo guardava e ripeteva: che futuro posso darti adesso, siamo senza niente, siamo senza niente”. Quella donna aveva perso suo marito e vicino aveva una sua compaesana che in silenzio le copriva le spalle con una coperta. Questi paesi sono abitati da meno di 400 anime ciascuno e gli sfollati che mangiavano qualcosa di caldo erano appena cento. La cena non era ancora finita e tante altre persone aspettavano il piatto caldo quando ad un certo punto, tra i volontari a servire gli anziani è arrivato anche Franco Marini, ex presidente del senato, abruzzese di nascita, che ha passato l’intera sera e notte inoltrata nelle tende blu accanto ai propri compaesani. La stanchezza, quando si presta aiuto, non si sente. Questa è la sensazione che hanno riportato gran parte dei volontari che erano lì. Si sentivano oramai invulnerabili e capaci di lavorare senza sentirne il peso ma soltanto il desiderio di esserci. Non di regalare un sorriso, o una frase di conforto perché è davvero impossibile in certe occasioni pronunciare parole appropriate. I gesti continuano a fare molto di più.
Maria Chiara Shanti Rai