India. Terra di mistero, di avventura e di pericolo. La terra dei santuari e del misticismo, dalle centinaia di popoli, della povertà, la terra dove scorre il Gange placido e venerato, dove l'amore sa mostrarsi sotto innumerevoli forme. La terra rifugio della maestosa e nobile tigre e del mortale serpente. La sua storia millenaria comincia nella notte dei tempi. Affascinante, idealizzata, impressa per sempre nelle pagine dei più bei libri ad essa dedicati, la civiltà indiana è lo specchio di una cultura, di un mondo che da sempre attira gli occidentali, ma ancora custodisce gelosamente molti dei suoi segreti.
La danza è uno di questi; complesse coreografie scandite da ritmi che non si lasciano imprigionare nei pentagrammi musicali occidentali e non trovano alcuna corrispondenza nei semitoni a noi tanto familiari.I movimenti del corpo non solo accompagnano la musica, ma la completano. Ogni gesto ha un significato ben preciso. In questa maniera la danza non è più solo divertimento, ma anche evasione, rituale, suggestione, forma di apprendimento mitico – religioso.
Infatti secondo il mito indù l’arte dello spettacolo sarebbe stata ideata da Brahma al quale gli dei si erano rivolti affinché elaborasse un tipo di divertimento istruttivo, ma allo stesso tempo in grado di procurare gioia e diletto all’udito e alla vista, dunque accessibile a tutti gli uomini.
La danza diviene “preghiera in movimento”, espressione dell’equilibrio cosmico. Contrappone la bellezza perfetta ed eterna alla imperfezione del mondo terreno. Il valore dell’artista indiano si misura sulla sua capacità di trasformare le emozioni da lui provate in musica.
L’animo umano viene così trasportato dove non esiste né il tempo né lo spazio, in una dimensione irreale e magica in cui può godere dell’arte per un istante che sembra eterno. Così danzare per la gente di quei posti è una forma di espressione totale che manifesta anche la sua religione. Trovarsi tra le strade dell'india e respirare quell'aria di quei tramonti caldi, quelle genti semplici e amanti la loro patria e la poverta che si legge negli angoli. Un luogo in cui rinascere.
Valeria Quartullo