Oscar Luigi Scalfaro è morto sabato notte, nella sua abitazione a Roma, all'età di 93 anni. I funerali avranno luogo in forma privata oggi alle 14 nella chiesa di Santa Maria in Trastevere, mentre dalle 10,30 alle 13,30 sarà allestita la camera ardente nella chiesa di Sant'Egidio, per consentire a quanti lo vorranno di rendere l'ultimo omaggio al presidente emerito della Repubblica.
Nato a Novara il 9 settembre del 1918, Scalfaro – cattolico rigoroso e sin da giovanissimo legato ad Azione Cattolica -, lasciata la toga di magistrato, indossata per la prima volta nel 1943, fu eletto nel '46 all'Assemblea Costituente nelle liste della Dc, partito nel quale militò sempre vicino all'ala conservatrice e per cui fu ininterrottamente deputato fino all'anno della sua elezione a Capo dello Stato, avvenuta nel '92. Qualche anno prima, dall'83 all'87, fu ministro dell'Interno nei due governi Craxi. Presidente della Camera nell'aprile 1992, un mese dopo venne appunto eletto presidente della Repubblica in una fase drammatica per la prima Repubblica, dilaniata dagli attacchi della mafia e da “Tangentopolì. Un Parlamento diviso e in difficoltà trovò la forza, dopo la strage di Capaci in cui persero la vita Giovanni Falcone e la sua scorta, di eleggerlo nel giro di poche ore, era il 25 maggio, al più alto scranno del Paese. Scalfaro si conquistò in poco tempo il soprannome di 'Traghettatorè verso la seconda Repubblica. Lasciato il Quirinale, nel '99, fu nominato senatore a vita, aderente al Partito democratico. Il settennato al Quirinale di Scalfaro è stato uno dei più delicati e controversi. Assistette allo sgretolamento della Prima Repubblica determinato dall'inchiesta su Tangentopoli e si scontrò ripetutamente con Silvio Berlusconi dopo la vittoria elettorale del Polo delle Libertà nel 1994. La prima occasione si concretizzò quando Scalfaro si oppose alla nomina di Cesare Previti, avvocato del premier, a Guardasigilli, poichè indagato anche se ancora non condannato: al suo posto alla fine fu scelto Alfredo Biondi (Previti andò alla Difesa). Sei mesi dopo, a causa della rottura da parte della Lega Nord, Berlusconi, che fu costretto a dimettersi, chiese a Scalfaro di sciogliere le Camere e tornare quindi alle urne, ma il presidente della Repubblica avviò invece le consultazioni per verificare l'esistenza di una maggioranza alternativa per formare un nuovo esecutivo. La trovò e affidò il compito a Lamberto Dini. Berlusconi, a quel punto, gridò al “ribaltone”. Il settennato di Scalfaro viene ricordato anche per la celebre frase “io non ci sto”, pronunciata la sera del 3 novembre 1993 a reti unificate, per difendersi dalle accuse di avere gestito fondi neri ad uso personale nell'epoca in cui era stato ministro dell'Interno. In quell'occasione Scalfaro parlò di “gioco al massacro” e imputò l'esplosione dello scandalo Sisde ad un tentativo di infangare la presidenza della Repubblica come ritorsione della vecchia classe politica che le inchieste di “Mani Pulite” avevano decimato.
Immediato, ieri mattina, appresa la notizia, il cordoglio espresso dal Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. “È con profonda commozione che rendo omaggio alla figura di Oscar Luigi Scalfaro nel momento della sua scomparsa, ricordando tutto quel che egli ha dato al servizio del paese, e l'amicizia limpida e affettuosa che mi ha donato. È stato un protagonista della vita politica democratica nei decenni dell'Italia repubblicana, esempio di coerenza ideale e di integrità morale”. Il Papa Benedetto XVI ha ricordato Scalfaro come un “illustre uomo cattolico di Stato”, che “si adoperò per la promozione del bene comune e dei perenni valori etico-religiosi cristiani propri della tradizione storica e civile dell'Italia”. Nel corso della mattinata, sono arrivate anche le condoglianze del presidente del Consiglio, Mario Monti: “Un esempio luminoso di coerenza ideale e di integrità morale”. Poi un ricordo personale: “Nel novembre scorso, appena assunto l'incarico di presidente tenni ad esprimergli personalmente i sentimenti di gratitudine per l'esempio da lui offerto nel servire la cosa pubblica”. Per il presidente del Senato, Renato Schifani, Scalfaro “lascia un vuoto in politica e nelle istituzioni che difese sempre”. Mentre per il presidente della Camera, Gianfranco Fini, il presidente emerito della Repubblica “fu uno strenuo difensore della Costituzione”. Pressoché unanime il cordoglio delle forze politiche espresso alla famiglia Scalfaro, seppure con diverse sfumature tra i vari schieramenti.