E' un Mario Monti decisamente soddisfatto quello che ieri a tarda sera parla con i giornalisti a palazzo Justus Lipsius a Bruxelles, al termine di un Consiglio europeo piu' lungo e complesso di quanto inizialmente previsto. Un Consiglio che si chiude, in una citta' sotto la neve e semiparalizzata dallo sciopero generale del trasporto pubblico, con un accordo sul nuovo Patto di bilancio (il cosiddetto ''fiscal compact''), che impone ai Paesi Ue regole comuni di rigore sui conti pubblici, e con una intesa sulla crescita e l'occupazione.
Ancora, il summit porta a casa l'atteso accordo sull'Esm, il nuovo fondo salva-stati permanente che dal primo luglio sostituira' quello provvisorio Esfm, anche se rinvia al prossimo Consiglio europeo di marzo la decisione sulle risorse a disposizione del meccanismo anticrisi. Si parla di una dotazione 500 miliardi, come vorrebbe la Germania, o almeno 750 come chiedono l'Italia e altri Paesi, la Commissione europea e il Fondo monetario internazionale. Ma se su quest'ultimo punto si e' registrata l'unanimita' dei 27, uguale cosa non si puo' dire per Patto di bilancio e crescita. Il nuovo Fiscal Compact e' stato sottoscritto da 25 paesi membri, con Gran Bretagna e Repubblica Ceca rimaste fuori. Per alcune ore sembrava che fosse la Polonia l'ostacolo insormontabile. Varsavia chiedeva, in cambio dell'adesione al nuovo Patto, la possibilita' che i paesi non aderenti all'euro potessero partecipare alle riunioni dell'Eurogruppo. Cosa che vedeva la Francia decisamente contraria. Alla fine pero' si e' raggiunto un compromesso, che ha soddisfatto i polacchi ma non i cechi. Anche se questi ultimi hanno fatto sapere che potrebbero cambiare posizione.
Atteso invece il no di Londra, che si era gia' defilata sul tema nel Consiglio dello scorso dicembre. La mediazione prevede almeno tre summit dell'Eurogruppo l'anno e la partecipazione dei paesi non euro firmatari il Patto ad ''almeno'' uno. Il Patto obbliga i Paesi innanzitutto al pareggio di bilancio, che deve essere inserito nelle singole Costituzioni. I membri Ue hanno un anno di tempo a partire dall'entrata in vigore del Trattato per mettere in atto le nuove norme. In caso di inosservanza la Corte di giustizia europea potra' imporre sanzioni fino a un massimo dello 0,1% del Pil del Paese inadempiente. Il Patto prevede l'obbligo di rientrare verso il tetto del 60% del Pil al ritmo di 1/20 l'anno per la parte eccedente e da' la possibilita', solo a chi lo ratifica, di accedere al sostegno dell'Esm. Il Patto di bilancio diventera' operativo il primo gennaio 2013, non appena ''sottoscritto da almeno 12 Paesi membri dell'euro''. Per quanto riguarda invece il dossier crescita e occupazione e' stata la Svezia a non sottoscriverlo per ''ragioni parlamentari'', come ha spiegato il premier svedese Frederik Rensfeldt, che guida un esecutivo di minoranza. Per questo motivo, ha sostenuto il primo ministro, dovra' pronunciarsi il Parlamento di Stoccolma. Sul tema comunque e' stato approvato un documento nel quale si indica che sara' il Consiglio Europeo di marzo a fissare per ciascun Paese le 'linee guida' per l'attuazione di politiche economiche e occupazionali in grado di accrescere la competitivita' e creare nuovi posti di lavoro, con particolare attenzione ai giovani. Dovranno essere definiti piani nazionali per l'occupazione, utilizzando gli 82 miliardi di fondi europei (di questi otto sono italiani). Questi interventi dovranno prevedere, fra l'altro, la riduzione degli oneri sociali e degli altri costi che gravano sulle retribuzioni.
Di particolare importanza, in questo ambito, la proposta lanciata durante il vertice dalla Commissione europea per contrastare la disoccupazione, specie quella giovanile, in Italia (''Una vera piaga'' la definisce Monti) e negli altri Paesi Ue dove i numeri del fenomeno si attestano molto al di sopra della media europea. Un team della Commissione, ha proposto il presidente Jose' Manuel Barroso, lavorera' con i governi nazionali e le parti sociali per creare occupazione, servendosi anche dei fondi Ue non spesi. Otto i paesi che sarebbero coinvolti nell'azione della Commissione: oltre l'Italia ci sono Spagna, Grecia, Slovacchia, Lituania, Portogallo, Lettonia e Irlanda. Il Consiglio, pur non avendolo all'ordine del giorno, non poteva non occuparsi del caso Grecia. Il tema e' entrato prepotentemente nei lavori del summit dopo la proposta tedesca – di fronte all'incapacita' ad oggi di Atene di raggiungere un accordo con i creditori privati cosi' da poter pagare i bond in scadenza – di ''commissariare' il paese ellenico. In sostanza Berlino, in un documento presentato all'Eurogruppo, aveva chiesto alla Grecia di affidare ad un supercommissario la gestione dei propri bilanci. Una posizione che ha diviso il fronte europeo tra chi l'ha definita inaccettabile (il premier italiano Monti ha bollato la proposta tedesca ''fantasiosa e sgradevole'') e chi invece l'ha considerata una delle possibilita' di intervento. Su una cosa l'Unione europea si e' pero' unita: niente aiuti al paese guidato da Lucas Papademos se non c'e' uno sforzo maggiore sulle riforme. Per Monti, come si diceva, si e' trattato di un vertice ''fruttuoso, che ha concluso una pagina importante della storia europea con il trattato sul fiscal compact, con l'accordo di 25 stati membri che sara' firmato in marzo''. Con il Patto sui bilanci, ne e' convinto il premier, ''si e' conclusa una pagina importante per la stabilita' della zona euro''. Una pagina importante, ha aggiunto, ''si e' anche aperta su crescita e occupazione''. Insomma, ''da parte italiana siamo molto soddisfatti dei risultati raggiunti su entrambi i fronti''. Anche perche', ha sottolineato, nel documento conclusivo del Consiglio ''c'e' una larghissima traccia italiana'' e ''sono state identificate 3 linee di azioni: stimolare l'occupazione soprattutto dei giovani, stimolare il mercato unico e stimolare le Piccole Medie Imprese''.
Un successo dell'Italia a Bruxelles, ha lasciato quindi intendere il presidente del Consiglio, che nasce anche dalla ''collaborazione senza precedenti tra il Parlamento e il governo''. Sul tema dell'aggravamento e dell'appesantimento del criterio del debito in rapporto al Pil, il Consiglio europeo, ha sottolineato Monti, ha accolto cio' che ''il Parlamento e il governo italiano auspicavano, cioe' il pieno riconoscimento degli impegni che tutti hanno sottoscritto: non ci sono ulteriori appesantimenti o aggravi''. Monti ha chiarito poi, di fronte alla nascita del Fondo permanente salva-stati ed alla necessita' di una sua implementazione, che ''non guardiamo a questa pur necessaria opera di corroboramento di questi fondi con gli occhi di chi pensi di aver bisogno del denaro di questi fondi''. Anche perche', ha detto, il ''forte pacchetto'' di misure messe in campo dall'Italia, '''non avra' la conseguenza di aggravare la recessione, ma di attenuarla''. Certo, ha aggiunto in riferimento ai rilievi di Moody's, ''non escludo'' che il decreto 'Salva Italia' ''riduca il reddito delle famiglie italiane'' ma ''sicuramente molto meno di come sarebbe stato dall'inerzia dell'Italia sui trend che aveva''. Insomma, ha ribadito a chiare lettere il Professore, il decreto ''ha evitato all'Italia di andare a sbattere contro il muro verso cui stava andando a sbattere''.