Amnesty International dedica l\’8 marzo alle donne del Medio Oriente

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Amnesty International dedica la Giornata internazionale delle donne dell'Otto marzo al coraggio delle donne protagoniste delle rivolte del Medio Oriente e dell'Africa del Nord. Senza dimenticare che nei paesi dell'Africa del Nord i cambiamenti politici devono ancora tradursi in reali passi avanti per i diritti delle donne, Amnesty International pone al centro dell'azione dell'Otto marzo di quest'anno quattro paesi del Medio Oriente in cui le donne continuano a lottare per chiedere riforme e rispetto dei diritti umani: Arabia Saudita, Iran, Siria e Yemen.

“In tutta l'area del Medio Oriente e dell'Africa del Nord, le donne sono una forza ispiratrice del cambiamento e sfidano regimi repressivi per difendere i diritti umani fondamentali e promuovere le riforme e l'uguaglianzà – ha dichiarato Widney Brown, di Amnesty International -. Nella Giornata internazionale delle donne, Amnesty International esprime solidarietà a queste donne coraggiose e sostiene la loro lotta per i diritti umani e la libertà. Vogliamo che sappiano che il mondo intero è con loro in questo momento storico”. In Iran, le donne hanno avuto un ruolo determinante nelle proteste di massa promosse all'epoca delle elezioni del giugno 2009. Continuano a chiedere ampie riforme nel campo dei diritti umani e maggiore libertà per le donne e, per questo, pagano un prezzo elevato. In Arabia Saudita, a causa del sistema di “guardianià maschile, le donne sono discriminate e non possono gestire la loro vita in una serie di ambiti sociali, personali ed economici. Una delle più insolite e invadenti restrizioni è probabilmente il divieto di guida imposto alle donne saudite, anche qualora siano in possesso di una patente internazionale e possano guidare liberamente in ogni altra parte del mondo. Per Amnesty International questa proibizione è esemplificativa dei molteplici ambiti in cui i diritti delle donne saudite sono profondamente limitati. Amnesty International sostiene il loro diritto di “guidare verso la liberta”.

Da un anno, il presidente della Siria Bashar al-Assad sovraintende alla brutale repressione del dissenso che ha causato oltre 6000 morti, tra cui oltre 200 donne e ragazze. Migliaia di persone sono state arrestate e molte di esse sono state trattenute per lunghi periodi di tempo in isolamento in carceri segrete nelle quali la tortura e i maltrattamenti risultano diffusi. Alcune difensore dei diritti umani, che sono state alla guida del movimento pacifico per le riforme, sono state costrette a entrare in clandestinità o a lasciare il paese. Di fonte a tutto questo Asma al-Assad, moglie del presidente siriano, ha fatto ben poco per denunciare le brutalità delle forze di sicurezza e si è pubblicamente espressa in favore del marito: un atteggiamento in contrasto con la sensibilità mostrata in passato dalla first lady siriana verso le cause umanitarie e sociali, compresi i diritti delle donne.

In occasione dell'Otto marzo, Amnesty International intende mobilitare l'opinione pubblica mondiale in una campagna d'invio di lettere per sollecitare Asma al-Assad a esercitare la sua influenza per porre fine alle violenze in corso e alle violazioni dei diritti umani commesse contro le attiviste per i diritti umani siriane, che agiscono per proteggere il futuro di tutti i siriani e tutte le siriane. E ancora: in Yemen, le donne hanno contribuito a dare vita a una vibrante società civile, riconosciuta a livello mondiale nel 2011, quando la giornalista e attivista per i diritti umani Tawakkol Karman è stata una delle tre donne cui è stato conferito il premio Nobel per la pace. “Amnesty International – ha concluso Widney Brown – continua a stare dalla parte delle donne che in Medio Oriente e in Africa del Nord lottano per i diritti umani e in particolare per il diritto a partecipare agli sviluppi politici su base di uguaglianza, mentre si apre la via del cambiamento in tutta la regione”. (Asca)

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