Lavoro: cambia l’art.18. La Cgil dice no

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Quarantotto ore per “digerire” la riforma, poi si chiude. Domani il governo metterà la parola “fine” alla discussione sulla riforma del mercato del lavoro, con o senza, l'accordo delle parti sociali. Due giorni nei quali l'esecutivo si è detto disponibile ad apportare qualche limatura all'impianto del testo che, in ogni caso, resta quello, mentre sull'articolo 18 il presidente del consiglio, Mario Monti è stato chiaro: “la partita è chiusa”.

Proprio sull'articolo 18 il governo incassa il no della Cgil di Susanna Camusso che promette battaglia. Quella del governo – dice – è “una proposta totalmente squilibrata” e – aggiunge – “è evidente che faremo tutto ciò che serve per contrastare la modifica dell'articolo 18 e tutte le mobilitazioni che riterremo necessarie”. Monti però tira dritto e, dopo il vertice di ieri finito in serata, annuncia che l'articolo 18 non è più sul tavolo. “La Cgil – ha spiegato il premier – ha espresso il proprio dissenso sulla flessibilità in uscita, sull'articolo 18, mentre gli altri hanno espresso un consenso. Su questo particolare aspetto la questione è chiusa. La proposta legislativa che stiamo studiando e che il governo presenterà in parlamento non sarà sottoposta più ad analisi nella riunione di giovedì. Con questo abbiamo voluto togliere tensione alla trattativa”. Il governo presenterà quindi la riforma in parlamento senza la firma delle parti sociali ma solo con un “verbale” nel quale verranno registrate le posizioni di tutti, anche perchè – precisa lo stesso premier – nel massimo rispetto delle parti sociali “nessuno ha diritto di veto”. Del resto lo stesso Monti spiega che il governo non aveva alternative: “per avere il sì della Cgil avremmo svuotato la riforma e perso il sostegno degli altri”.

Una riforma che prevede, nei suoi punti principali, il contratto a tempo indeterminato come contratto “dominante” con il rafforzamento dell'apprendistato per l'ingresso nel mercato del lavoro; la penalizzazione dei contratti a termine; il no contro le cosiddette dimissioni in bianco; l'entrata in vigore del sussidio di disoccupazione (aspi) anche se i nuovo ammortizzatori sociali andranno a regime nel 2017. Sull'articolo 18 il governo ha proposto la diversificazione delle tutele sui licenziamenti con il reintegro nel posto di lavoro nel caso di licenziamenti discriminatori e il solo indennizzo (fino a 27 mensilità di retribuzione) nei licenziamenti per motivi economici (giustificato motivo oggettivo) considerati dal giudice illegittimi. Nel caso di licenziamento cosiddetto disciplinare (giusta causa o giustificato motivo soggettivo) considerato dal giudice ingiustificato sarà possibile per il magistrato decidere tra il reintegro e l'indennizzo economico con il pagamento al lavoratore ingiustamente licenziato tra le 15 e le 27 mensilità.

Cisl, Uil e Ugl esprimono un parere diverso dal sindacato di corso d'Italia. Il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni esprime infatti “un giudizio positivo sulle linee della riforma” precisando comunque che si può “lavorare ancora in modo intensivo fino a fine settimana per migliorarla”, mentre sull'articolo 18 apprezza “la direzione del governo per una mediazione fondata sul sistema dei nuovi ammortizzatori che – aggiunge – abbiamo costruito in questi giorni avendo raccolto l'invito alla responsabilità fatto dal presidente della Repubblica”. Più cauto il leader della Uil, Luigi Angeletti secondo il quale “per dare un giudizio positivo della riforma del mercato del lavoro proposta dal governo servono modifiche”, mentre per il numero uno dell'Ugl, Giovanni Centrella “l'impianto nel complesso è condivisibile”. Sì con riserva per la presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia. “Abbiamo accolto la richiesta del presidente repubblica – ha detto – e ovviamente abbiamo dato un'adesione complessva all'architettura della riforma ma rimane ancora del lavoro da fare su alcuni punti che non ci vedono concordi”. Sul fronte politico il segretario del Pd, Pierluigi Bersani sottolinea che “è chiaro che su quel che c'è di buono nell'impostazione del governo e su quel che c'è da migliorare e da correggere, a questo punto dovrà pronunciarsi seriamente il Parlamento”, mentre per il leader dell'Udc, Pierferdinando Casini quello tra governo e parti sociali è stato un “negoziato difficile con un risultato accettabile. Ognuno – ha detto – ha rinunciato a qualcosa per un'intesa a mezza strada”. Oggi le parti sociali proseguiranno nell'analisi della proposta del governo per arrivare domani con delle richieste di modifica sui punti più spinosi del testo. (asca)

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