Chi sbaglia paga qualunque sia il cognome che eventualmente porti». Nelle parole pronunciate dallo stesso Umberto Bossi, appena dimessosi ieri pomeriggio di fronte al consiglio federale della Lega Nord, c'è tutta l'amarezza di un uomo che ha dedicato oltre due decenni di vita al suo movimento.
Dimissioni «irrevocabili» ha detto lo stesso Bossi al consiglio riunito in via Bellerio, che pare gli abbia chiesto, inutilmente, di restare ancora al suo posto. Recita il comunicato ufficiale: «Il Consiglio Federale ha chiesto ripetutamente a Umberto Bossi di ritirare le sue dimissioni, ribadendo al contempo l'unanime stima e solidarietà al Segretario Federale, che, però, ha ribadito con fermezza di ritenere irrevocabile la sua decisione di dimettersi». Non si torna indietro, dunque, e per ora il Carroccio resta senza un leader, ma sarà traghettato verso il congresso federale (previsto dopo l'estate ed entro l'autunno) da un "triumvirato" composto da Roberto Calderoli, Roberto Maroni e Manuela dal Lago. Inoltre, come spiega bene il comunicato ufficiale «a fronte di questa decisione il Consiglio Federale, sempre all'unanimità ha deliberato di nominare Umberto Bossi nuovo Presidente Federale della Lega Nord, con la richiesta di proseguire la sua attività politica con una determinazione e convinzione, se possibile, ancora maggiori».
Tra lo stupore generale dei militanti, i loro cori e gli striscioni appesi per strada e un profluvio di dichiarazioni politiche orientate al sostegno e alla fiducia nello storico leader padano, la giornata è proseguita in un clima teso e irreale, con uno strascico di fischi che ha accompagnato l’uscita di Giorgetti e Maroni dalla sede di via Bellerio. Questo, al momento, il destino del leader storico, mentre sul posto di tesoriere del partito, fino a mercoledì sera occupato da Francesco Belsito, il consiglio federale della Lega ha nominato Stefano Stefani nuovo amministratore. Sono stati poi nominati «gli onorevoli Silvana Comaroli e Roberto Simonetti quali nuovi componenti del Comitato Amministrativo Federale, in seguito alle dimissioni dei senatori Roberto Castelli e Piergiorgio Stiffoni dal sopradetto organismo». Fin qui le decisioni interne al partito, che nel pieno della bufera tenta di darsi un assetto, ma la giornata di ieri ha visto emergere ulteriori dettagli della vicenda giudiziaria. L'apertura della cassetta di sicurezza dell'ufficio di Belsito alla Camera dei Deputati avrebbe rivelato la presenza di una cartella "The family", ora all'attenzione dei magistrati. Ieri poi è stato a lungo interrogato Paolo Scala, uno degli indagati per la vicenda dei fondi trasferiti in Tanziana. Dalle intercettazioni telefoniche inoltre emergerebbe che il denaro sottratto alle casse della Lega sarebbe andato «a favore» tra gli altri di «Bossi Umberto» e «Calderoli Roberto». E le fitte conversazioni tra l'ex tesoriere Belsito e la dirigente amministrativa Dagrada rivelano tutta la preoccupazione per una situazione difficile da sostenere, qualora venisse alla luce. In una telefonata del 29 gennaio intercettata dagli investigatori e messa agli atti dell'inchiesta milanese emergerebbe l'ipotesi del riciclaggio. Dice la Dagrada a Belsito: «Però tu al capo precisi la cosa del discorso soldi, che Castelli vuole andare a vedere la cassa e quelli che sono i problemi, perchè comunque tu non è che puoi nascondere quelli che sono i costi della famiglia, cioè da qualche parte vengono fuori». E poi ancora Dagrada: «Anche perchè o lui, (Bossi, per gli investigatori) ti passa come c'era una volta tutto in nero o altrimenti come cazzo fai tu». Nell'intercettazione, si legge all'interno delle carte, «si rileva che Nadia parla chiaramente del 'nerò che Bossi dava tempo fa al partito. Ovviamente il significato del 'nerò è riconducibile alla provenienza del denaro contante che può avere varie origini, dalle tangenti, alle corruzioni o ad altre forme di provenienza illecita e non tracciabile». Da un'altra conversazione appare ancora più chiara la situazione generale nella gestione dei conti del partito: «si evince – annotano gli investigatori – che i revisori dei bilanci della Lega non si sono 'mai vistì e che i bilanci vengono redatti da Nadia Dagrada ma che non vengono affatto revisionati». Il tema della telefonata, data primo febbraio scorso «scaturisce dalla richiesta di Castelli di sapere chi sono i revisori per avere informazioni». Dagrada chiede a Belsito: «Ma tu sai come funziona?». E lui: «E chi sono i revisori, che non abbiamo mai visto manco noi?». Continua la Dagrada: «Se questo (Castelli) insiste e se poi va a prendere questi qua, questi qua vogliono iniziare a vedere le cose e tutto, che cosa fai? Adesso io gli preparavo tutta la relazione, gliela inviavo (ai revisori, ndr) e loro non facevano altro che firmarmela… Non guardavano un cazzo. Eh!».
Ci sono poi le accuse a Renzo Bossi, che secondo i magistrati, insieme alla fidanzata, si sarebbe recato nella sede di via Bellerio e «si sono portati via i faldoni della casa (ristrutturazioni?) per timore di controlli». Il rampollo si è difeso negando. E mentre continuano a emergere i particolari dell’inchiesta, a fine giornata tra le ultime dichiarazioni tornano le parole di Roberto Maroni che come recitando un mantra, continua a dire ai giornalisti: «Adesso ci mettiamo al lavoro per fare pulizia, andando a guardare i conti e aprendo tutti i cassetti. È importante anche che sia stato dato incarico a una società di revisione esterna per la verifica patrimoniale». Come dire che, in effetti, sul bilancio del partito, bisogna vederci chiaro.
F.U.