"È sempre stata onesta, non ha mai cercato compromessi, si è sempre messa in discussione, troppo, e ci ha dato sempre il massimo…o forse no, perchè, ne sono certa, se non l'avessimo uccisa, tutti, ci avrebbe dato di più". Con queste parole la madre di Lucia, una ragazza 28enne laureata in ingegneria gestionale che si è tolta la vita il 4 aprile scorso, si è rivolta al direttore del Quotidiano della Calabria. "Non si può banalizzare – ha affermato nella lettera scritta al giornale – e liquidare il suo gesto come un suicidio dettato dalla depressione… Lei sì, lei sì che si è sempre impegnata fiduciosa nei nostri insegnamenti, sicura che il merito avrebbe pagato. Laureata in ingegneria gestionale, in condizioni molto difficili, con il massimo dei voti, 110/110, si è trovata a doversi accontentare di un lavoro che non era il suo, poco retribuito, si è trovata a doversi prendere cura della sua piccolina di appena due anni, affrontando tutte le difficoltà che già conosciamo noi donne…e noi donne del sud. Aveva un solo difetto: portare un cognome anonimo e credere nella meritocrazia". Per la madre della ragazza suicida "lei non poteva vivere in quest'Italia asservita, e non poteva neanche allontanarsene, voleva semplicemente vivere nella sua Calabria, dov'era amata dai suoi innumerevoli amici. È una colpa da pagare a così caro prezzo? Se è così, giovani, andate via, andate via e abbandonate questa Terra, noi non vi vogliamo… E voi, mamme, non consentite che questo mostruoso Leviatano divori i nostri figli. Lottiamo insieme a loro, nella legalità, per i loro diritti, e chiediamo a testa alta ciò che è loro dovuto".
Un dramma, quello vissuto da questa madre, purtroppo sempre più frequente: nel 2010 sono stati 362 i suicidi dei disoccupati, superando ulteriormente i 357 casi del 2009, che già rappresentavano una forte impennata rispetto ai 270 suicidi accertati in media del triennio precedente (rispettivamente 275, 270 e 260 nel 2006, 2007 e 2008). Numeri drammatici che confermano la correlazione tra rischio suicidario e integrazione nel tessuto sociale e che sono stati esposti nel II Rapporto Eures dal titolo esplicativo: “Il suicidio in Italia al tempo della crisi”. Tra i disoccupati la crescita riguarda principalmente coloro che hanno perduto il lavoro (272 suicidi nel 2009 e 288 nel 2010, a fronte dei circa 200 degli anni precedenti), mentre meno marcato appare l'incremento tra quanti sono alla ricerca della prima occupazione (85 vittime nel 2009 e 74 nel 2010, a fronte delle 67 in media nel triennio precedente). La crescita dei suicidi dei disoccupati tra il 2008 e il 2010 si attesta complessivamente sul 39,2%, salendo al 44,7% tra quanti hanno perduto il lavoro. Considerando la sola componente maschile, l'aumento dei suicidi dei senza lavoro appare ancora più preoccupante (da 213 casi nel 2008 a 303 nel 2009 a 310 nel 2010), attestandosi a +45,5% tra il 2008 e il 2010, confermando ancora una volta la centralità della variabile occupazionale nella definizione dell'identità e del ruolo sociale degli uomini, messo in crisi dalla pressione psicologica derivante dall'impossibilità di provvedere/partecipare al soddisfacimento dei bisogni materiali della famiglia.
Il fenomeno più rilevante è costituito dalla crescita dei suicidi nella fascia 45-64 anni (+5,8% nel 2010 rispetto al 2009 e +16,8% rispetto al 2008), una fascia particolarmente vulnerabile in termini occupazionali, ovvero di opportunità di ri-collocazione una volta perduto il lavoro. Non appare quindi fuori luogo sottolineare come nel 2010, rileva il Rapporto, la disoccupazione abbia colpito la popolazione della fascia 45-64 anni più delle altre, con un incremento del 12,6% (+13,3% nella fascia 45-54 anni e +10,5% in quella 55-64 anni), a fronte di una crescita complessiva dell'8,1%. Ed è proprio in questa fascia che si concentra anche il problema dei cosiddetti “esodati”, ovvero di quei lavoratori usciti dal mercato del lavoro attraverso canali di protezione sociale e che l'attuale riforma Monti-Fornero del sistema pensionistico (in attesa di interventi correttivi), rischia di lasciare totalmente privi di reddito (al riguardo le stime più ottimistiche parlano di 65.000 lavoratori, le più pessimistiche di 350.000). Consistente, tra il 2008 e il 2010, anche l'aumento dei suicidi tra gli over64 (+6,6%), nella fascia 18-24 (+6,5) e, in misura inferiore, in quella 25-44 anni (+2,3%). Più in generale si conferma la correlazione diretta tra età e “propensione al suicidio”, con un indice pari a 8,5 suicidi ogni 100 mila abitanti tra gli over64, a 6,6 nella fascia 45-64 anni, a 4,6 in quella 25-44, a 2,6 nella fascia 18-24 ed a 0,2 tra i minori.