È arrivata nella tarda serata di ieri la sentenza della Corte di Cassazione che ha confermato la condanna a 30 anni di reclusione per il marocchino El Ketaoui Dafani, che nel settembre 2009 aveva ucciso a coltellate la figlia Sanaa, 18 anni, perché contrario alla sua convivenza con il fidanzato italiano.
“Confermata la condanna a 30 anni con il pagamento delle spese processuali. Sanaa Dafani, ragazza della seconda generazione, decapitata dal padre nel 2009 perché voleva essere libera, ha avuto giustizia – commenta Souad Sbai (Pdl) in una nota -. Non c'è più appello a cui l'odiosa attenuante culturale possa fare ricorso. Non c'è vittoria ma solo giustizia, finalmente definitiva e totale. Ho fiducia nella giustizia, ne ho sempre avuta e non sono rimasta delusa. Un plauso sentito va al Pm e ai giudici, che hanno saputo e voluto capire la vicenda non solo nella sua particolarità, ma soprattutto in relazione a quanto essa incide sull'andamento della nostra società.”.
“La giustizia arriva però in un clima di profonda tristezza, dato dall'assenza inspiegabile e ingiustificabile di tutti i familiari di Sanaa. Ecco che finito questo processo a breve se ne aprirà un altro, quello per Rachida Radi, uccisa, come Sanaa, perché voleva essere libera. Stavolta non solo di vivere serena ma anche di abbracciare un altro credo. Da viva – conclude – non abbiamo potuto aiutarla, ma da morta, come per tutte le altre, ci saremo fino all'ultimo, per chiedere giustizia e durezza della pena per l'estremismo, che deve capire che la libertà religiosa in Italia è un diritto”.
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