Governo: Letta a Bruxelles, a Roma restano i nodi Berlusconi e riforme

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Vertice di maggioranza sulle riforme istituzionali questa mattina alle 8 a palazzo Chigi, poi Enrico Letta volerà a Bruxelles per la riunione del Consiglio europeo sulle politiche per l'occupazione giovanile. Camera e Senato hanno intanto approvato la risoluzione di maggioranza sugli impegni del governo in previsione dell'appuntamento europeo dopo le indicazioni fornite dal premier. ''L'Italia è per storia e tradizione nel cuore dell'Europa. Ma l'Europa di oggi non ci basta. Vogliamo molto di più e molto di meglio. Non è possibile che l'unione bancaria decisa un anno fa oggi manchi di una definizione precisa. Fare così significa che viene minata la credibilità stessa dell'Unione che prende decisioni, le annuncia con parole roboanti e un anno dopo sembra non aver preso decisioni'', ha detto ieri Letta alle Camere.

Il premier ha ricordato come il tema dell'occupazione giovanile sia la priorità assoluta precisando che il Consiglio europeo di giugno deve adottare misure concrete. Il presidente del Consiglio è tornato a chiedere che ''l'Unione deve investire la stessa energia usata sul rigore per le politiche di crescita e del lavoro''. Secondo Letta, l'Unione è in crisi di legittimità per carenza di risultati. Da qui l'impegno a far sì che ''il Consiglio europeo di giugno non sia di routine''. Letta si è impegnato a scrivere una lettera al presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy nella quale ribadirà che l'Unione non può avere futuro se non dà speranza in materia di crescita economica e di maggiore unità politica. Il premier che sarà impegnato oggi a Bruxelles lascia però a Roma i primi problemi della sua maggioranza dalle larghe intese.

Silvio Berlusconi, con un'intervista ieri sera ai tg delle reti Mediaset, ha fatto un primo bilancio sull'attività dell'esecutivo che si è insediato tre settimane fa confermando ''sostegno leale'' a Letta e sottolineando come questo esecutivo rappresenti ''un'occasione epocale per mettere fine alla guerra fredda tra destra e sinistra''. Ma l'ex premier non ha mancato di sollevare questioni spinose. Berlusconi dichiara ad esempio che il decreto varato dal Cdm la scorsa settimana rappresenta solo una prima mossa a cui deve seguire ''entro giugno l'abrogazione totale''. Poi chiede che prima dell'estate il governo metta all'ordine del giorno un altro decreto ''per rilanciare lo sviluppo in cui si preveda il non aumento dell'Iva, la detassazione delle assunzioni per i giovani e la modifica dei poteri di Equitalia''. Berlusconi affronta la questione della sua presunta ineleggibilità sollevata dal M5S e da alcuni settori del Pd.

L'ex premier definisce ''genio'' chi ha pensato ''di farlo fuori in questo modo ignorando vent'anni di milioni di voti raccolti e tanti parlamenti che hanno approvato la mia eleggibilità''. Il Cavaliere si schiera inoltre contro il disegno di legge firmato da Luigi Zanda e Anna Finocchiaro che solleva il problema della forma giuridica dei partiti pena la loro non possibilità a concorrere alle elezioni: ''L'incandidabilita' del M5S che è votato, benchè sia un movimento di cui si possa dire, e io ne sono convinto, tutto il peggio possibile, non bisogna dimenticare che e' stato votato da milioni di italiani: beh, questo qualcuno che ha avanzato queste proposte e' un genio perché eliminati Berlusconi e il Pdl, eliminati Grillo e il M5S, il Pd correrebbe da solo''.

Le parole di Berlusconi sono rivolte anche a rassicurare il Pdl dove non tutti accettano la linea delle larghe intese di governo. Ieri mattina si è svolta l'assemblea del gruppo Pdl della Camera. Non sono mancati interventi critici sulla linea seguita fin qui. Sull'Imu, in particolare, si è sottolineato il buon risultato della sospensione dell' imposta che si accompagna tuttavia al rischio di sua rimodulazione e non abrogazione. Dubbi espressi da altri interventi pure sulle riforme istituzionali: si ritiene che il Pd non voglia ridisegnare l'architettura del sistema politico ma limitarsi a riformare la legge elettorale. Secondo le indiscrezioni, alcuni deputati avrebbero infine criticato il modo autoritario di gestione del gruppo da parte di Renato Brunetta.

Le posizioni tra Pd e Pdl restano in effetti distanti sulle riforme istituzionali, da qui l'interesse per verificare se nel vertice di maggioranza di questa mattina si prenderà qualche decisione a proposito in vista di una prima discussione parlamentare sull'iter da seguire (Letta ha parlato nel suo discorso di investitura di una Convenzione formata dalle commissioni Affari costituzionali di Camera e Senato che verrebbe affiancata nel suo lavoro da un gruppo di esperti). Sulla riforma della legge elettorale il Pd continua a chiedere una ''clausola di sicurezza'', cioè che si modifichi il cosiddetto Porcellum in vigore in modo che nel caso di una crisi di governo non auspicabile si torni al voto con nuove regole. Il Pdl, pur disponibile a qualche ritocco delle norme in vigore, lega la riforma elettorale alla scelta della forma di governo e di Stato non rinunciando all'elezione diretta del Capo dello Stato. (asca)

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