Secondo voto di fiducia oggi a Montecitorio per il governo sul cosiddetto “decreto Fare” che contiene provvedimenti per rilanciare l'economia, dopo quello sui provvedimenti relativi all'Ilva di Taranto.
La richiesta è venuta da Dario Franceschini, ministro per i rapporti con il Parlamento, che l'ha motivata con la presa d'atto dell'impossibilità di arrivare a un rapido accordo con tutti i partiti a causa dei molteplici emendamenti presentati e con la necessità di evitare un ingorgo legislativo “dato il calendario previsto prima della pausa estiva, con sei decreti da convertire e diversi provvedimenti importanti da approvare”.
M5S e Fratelli d'Italia hanno deciso di fare ostruzionismo. I grillini in particolare trasformeranno i loro emendamenti in dichiarazioni di voto e useranno tutto il tempo a loro disposizione per ritardare il momento del voto finale. Sul suo blog Beppe Grillo cambia il nome del decreto “Fare” in “zittire il Parlamento”. Poi punta l'indice sul “governo di Capitan Findus Letta” ricordando che il premier aveva dichiarato al momento del suo insediamento che non avrebbe usato lo strumento del voto di fiducia mentre lo utilizza “pur di non discutere gli 8 emendamenti presentati dal M5S”.
Diversa l'interpretazione della richiesta di voto di fiducia da parte di Sel che voterà contro: “Se il decreto fosse stato discusso in Aula, il provvedimento avrebbe diviso la maggioranza su temi fondamentali”.
Roberto Speranza, capogruppo del Pd alla Camera, difende la scelta del governo e attacca il M5S: “Con l'ostruzionismo rischia di ritardare provvedimenti decisivi”. Dopo il voto di fiducia, Enrico Letta, parteciperà alla riunione del gruppo del Pd alla Camera che è fissata alle 20. Domani incontrerà i gruppi di Camera e Senato del Pdl. La prossima settimana il premier si riunirà con i gruppi parlamentari di Scelta civica e con i senatori del Pd. Letta ha deciso di constatare in prima persona lo stato di salute della propria maggioranza con l'iniziativa inusuale degli incontri con i gruppi parlamentari che sostengono l'esecutivo, anticipando in questo modo la verifica – una sorta di tagliando da usare per un eventuale rimpasto – che gli era stata chiesta da Guglielmo Epifani, segretario del Pd. È pure prevista la presenza del premier alla riunione di direzione del Pd convocata per venerdì. Letta ha deciso di parteciparvi in via eccezionale, nonostante la carica che ricopre, per cercare di convincere il proprio partito che non esistono maggioranze alternative all'attuale governo e che sarebbe un errore concentrare il dibattito congressuale sui distinguo rispetto alle scelte dell'esecutivo di larghe intese.
L'ex segretario Pier Luigi Bersani ha intanto definito Letta “l'anti Renzi”, alludendo alla possibilità che l'attuale premier possa essere candidato alla leadership del Pd in vista del congresso. Per Bersani, Letta resta in ogni caso il candidato premier del Pd per il prossimo futuro. Quanto al sindaco di Firenze, non è sicura la sua partecipazione alla riunione di Direzione del Pd. Matteo Renzi ribadisce che scioglierà le riserve sulla propria candidatura alla segreteria piddina dopo la pausa delle vacanze estive.
Due appuntamenti legislativi attendono il governo nei prossimi giorni. Il primo riguarda l'abolizione del finanziamento pubblico ai partiti. “Il ddl che abbiamo presentato è una buona riforma. Perchè bloccarlo?”, ha scritto il premier su twitter. Il provvedimento dovrebbe arrivare nell'Aula di Montecitorio il 26 luglio. Se dovesse slittare a settembre a causa di dissensi nella maggioranza, sarebbe una prima sconfitta per Letta. Settori del Pd e del Pdl resistono all'idea della totale abolizione del finanziamento pubblico che dovrebbe essere sostituito gradualmente dalla destinazione volontaria del 2 per mille: la riforma entrerebbe a pieno regime nel 2017. Il secondo appuntamento riguarda la legge contro l'omofobia. “In Aula la legge arriverà con una maggioranza politica che potrebbe essere favorevole”, dichiara il deputato Antonio Leone, Pdl, relatore del testo insieme al piddino Ivan Scalfarotto che precisa: “Si tratta di una norma di civiltà, non ha nulla a che vedere con i temi etici”. Non la pensano così alcuni settori del Pdl e di Scelta civica. Dissente per esempio l'ex ministro Maurizio Sacconi, firmatario insieme ad altri esponenti del Pdl di un documento che chiede al governo la moratoria sui temi etici: “È un testo irricevibile per coloro che credono nel diritto naturale e nella libertà di opinione”. (asca)