La città giapponese di Nagasaki ha ricordato stamattina, come ogni anno, l'anniversario della esplosione nucleare del 9 agosto 1945, il sessantottesimo.
Alle 11 ora locale (le 3 di notte in Italia), una campana ha suonato nel preciso istante in cui la seconda bomba atomica della storia dell'umanità colpì questa cittadina dell'ovest del Giappone provocando 70 mila morti, tre giorni dopo l'inferno nucleare di Hiroshima, in cui morirono 140 mila persone.
Tra le iniziative, anche una messa di suffragio, celebrata dal cardinale Peter Turkson, presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace. Nell'omelia, il cardinale ha detto che la pace “è frutto di una collaborazione tra Dio e l'umanità, perchè se è vero che è Dio a offrire all'uomo il dono della pacificazione, è altrettanto vero che l'umanità deve lavorare assiduamente per la pace”.
La bomba atomica è il risultato del lavoro di un'equipe di scienziati di altissimo livello, che si trovavano negli Stati Uniti per sfuggire alle leggi razziali. Tra questi, Albert Einstein abbandonò le iniziali posizioni pacifiste per chiedere al governo americano di impedire la vendita dell'uranio alla Germania. Scrisse così una lettera al presidente Roosevelt per sollecitarlo a impiegare l'energia nucleare a fini bellici, prima che Hitler potesse fare altrettanto.
Il 13 agosto 1942 iniziò il lavoro degli scienziati nei laboratori di Los Alamos, nel New Mexico, e prese il nome di Progetto Manhattan. L'equipe era composta da grandi fisici, come Segrè, Fuchs, Oppenheimer, Szilard ed Enrico Fermi. Questo gruppo di scienziati, lavorando in gran segreto, riuscì a realizzare l'ordigno in soli 3 anni. Il motivo di tanta rapidità era dovuto al timore che la Germania potesse concludere il suo progetto di riarmo nucleare e sganciare la bomba per prima. Lo spirito di cooperazione tra grandi scienziati legati da un destino comune (la persecuzione nazista) fece il resto. (asca)