Questione gay, fra silenzio e ritorno al vittimismo

La morte di Simone riaccende il problema dell'omofobia. Ma di soluzioni concrete all'orizzonte neanche una

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Oggi si torna improvvisamente a parlare di omofobia. Come se il problema non fosse mai esistito. Come se avessimo già archiviato le tante vittime di questi anni. E’ la solita logica all’italiana: ci si risveglia sempre quando ci scappa il morto. E’ successo ancora una volta con il caso del 21enne suicida la notte di sabato all’ex Pastificio Pantanella di via Casilina. La procura ha aperto un’inchiesta (come puoi leggere nell’articolo correlato in basso). Nessuno sa infatti se dietro quel gesto ci sia un atto di violenza.

Forse allora è un “tantino” azzardato dare giudizi prima che si accerti esattamente ciò che è successo. Di certo Simone, questo il nome del ragazzo, aveva un disagio interiore. L’omofobia è ancora da accertare. Che senso ha allora dare etichette adesso? L’unico scopo che si ottiene è quello di generalizzare senza andare in fondo alla questione. E così sta facendo tutta quella massa di politici che in queste ore, attraverso comunicati e agenzie, tenta di proporre la soluzione.

In queste ore si parla di nuove leggi, lezioni a scuola e addirittura di intitolazioni di vie. E poi le solite frasi di circostanza: «La politica ha gravi responsabilità», «La responsabilità è di tutti», «L’Italia è arretrata». Chi più ne ha più ne metta. Di proposte sistematiche dalla città neanche una.

Ed è quello che chiede il Circolo di Cultura Omosessuale Mario Mieli, da anni impegnato socialmente nella nostra città per i diritti LGbt. «Il vero problema di questa città – dice Andrea Maccarrone, presidente del Circolo – è che non esiste alcun progetto o programmazione. Ci sono iniziative sporadiche di qualsiasi coore politico, ma nessuno è andato mai al cuore del problema. Una norma penale è sicuramente una grande risposta ma solo nel lungo periodo. Bisogna dare voce a tutte le associazioni. Costruire e mettere in rete questo grande mondo. Ci sono ancora troppe attività che noi facciamo da anni ma che nessuno conosce. Il Comune – continua – potrebbe far tanto. Veltroni ad esempio aprì un tavolo di consultazione con le associazioni ma non diede mai attuazione di fatto al progetto. Si potrebbe partire da lì. Alemanno aveva teso una mano, ma di fatti nessuno. E’ ora di cambiare. Veramente».

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