«Mi rimetto nelle mani di Allah». Ha risposto così un uomo con la carnagione scura fermato in centro a Roma per il possesso di un piccolo quantitativo di droga. Una frase che ha insospettito i poliziotti e che ha mandato in tilt i servizi segreti.
IL SOGGETTO – Sissoko, questo il suo vero cognome. È un cittadino malese, nato l’11 settembre – ironia della sorte – del 1994, cacciato da Dublino perché «indesiderato» e residente a Roma in qualità di richiedente asilo.
I SOSPETTI – È stato fermato dagli agenti del commissariato Colombo nel corso di un normale controllo nel parco della Resistenza. Trovato con 30 grammi di droga, si lascia ammanettare. Poi però cita Allah e questo cambia tutto. In commissariato i poliziotti gli trovano un permesso di soggiorno, una carta d’identità italiana e un passaporto del Mali tutti a nome di Omar Coulibaly, come l’attentatore di Parigi.
Oltre ai documenti finti e a nome di un tizio inesistente, Sissoko ha con sé tre telefoni cellulari tutti senza carta sim e dai quali risulta aver fatto e ricevuto verso e dalla Francia chiamate proprio in quei giorni bui di gennaio. Ma non è tutto: nel portafogli ha tre bancomat del Kuwait, la ricevuta di una cassetta di sicurezza a Londra e una tessera con il permesso per guidare in Vaticano con tanto di foto.