Villa Borghese, pedofilo sequestra bambino con la forza

L'uomo, sotto processo, si difende: “È stato un atto d'amore”

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villa Borghese
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George P. è un sessantenne indiano ed è finito sotto processo con l’accusa di violenza privata aggravata nei confronti di un bambino. Ma il suo reato sarebbe potuto essere molto più grave se l’undicenne che teneva bloccato con la forza su una panchina di Villa Borghese non fosse stato salvato dai suoi amichetti.

IL SEQUESTRO A VILLA BORGHESE – Alla fine è stato dunque rinviato a giudizio, l’imputato pedofilo, per quel traumatico “sequestro” lampo che avvenne un pomeriggio di luglio del 2012. Per il pm Gianluca Mazzei avrebbe infatti “costretto Marco a intrattenersi contro la sua volontà. Approfittando di circostanze tali da ostacolare la privata difesa”. Marco è il nome dell’undicenne che, quel giorno, stava giocando a pallone coi suoi amici su uno spiazzo poco affollato di Villa Borghese. Poi la sete, l’allontanamento dal gruppetto per andare a bere da una fontanella e l’incontro con quello sconosciuto che, durante tutta la partita, aveva fissato i ragazzini seduto su una panchina. «Marco – gli dice chiamandolo per nome – vieni con me». Il giovane fa per andarsene ma George lo blocca e gli tappa con violenza la bocca. Lo porta via e lo costringe a sedersi al suo fianco su una panchina. La sua mano è sempre stretta sulla bocca del bambino mentre gli sussurra all’orecchio «Ti amo. Tu da qui non ti muovi. Io ti amo». Ma l’assenza prolungata di Marco insospettisce i suoi amici che lo vanno a cercare e lo trovano tra le braccia serrate di quell’uomo. Il loro coraggio, ma soprattutto il loro intervento rumoroso che attira l’attenzione dei passanti, inducono l’uomo a mollare la presa e a lasciare andare il bambino.

L’ARRESTO – Ma non lo aiutano a farla franca: George viene fermato e i genitori di Marco decidono di sporgere denuncia contro di lui. Adesso è finalmente arrivato il rinvio a giudizio. Lui si difende sostenendo con gli inquirenti che il suo era solo un atto d’amore, una gesto d’affetto. Difficilmente, però, riuscirà convincere il giudice della bontà di quel suo amore malato.

 

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