Dipendenti “infedeli” delle Poste Italiane accedevano alle banche dati, individuavano i conti correnti più appetibili, quelli con maggiore disponibilità economica; poi s’impossessavano di copie di documenti d’identità degli ignari titolari, di copie degli specimen di firma depositati e di numerazioni degli assegni in dotazione ma non ancora utilizzati. E, a quel punto, dirottavano nella massima tranquillità consistenti somme di denaro delle vittime del raggiro. Una vera e propria truffa sgominata da un’operazione su vasta scala della polizia di stato, in collaborazione con Poste Italiane S.p.A., e che ha interessato diverse province del territorio nazionale.
EPISODI IN ABRUZZO E LIGURIA – L’azione congiunta di polizia e Poste Italiane aveva permesso, nei giorni scorsi, di mettere fine a due truffe. In Abruzzo, a Teramo, sono stati denunciati due napoletani, un uomo e una donna, che tentavano di attivare un libretto di risparmio attraverso documenti di identità contraffatti, sul quale versare un assegno bancario probabilmente sottratto dal circuito postale. Nella provincia di La Spezia, in Liguria, la polizia ha invece arrestato una 25enne accusata di aver utilizzato documenti falsi per aprire un conto corrente presso un Istituto di credito cittadino in cui depositare un assegno risultato poi rubato.
LA TRUFFA DEI DIPENDENTI “INFEDELI” – È a Roma però che si è concentrata l’operazione più massiccia: oltre 650.000 euro sottratti a correntisti di Poste Italiane ad opera di una strutturata organizzazione criminale sgominata dalla polizia nella giornata di ieri, dopo una lunga attività d’indagine. Nel corso delle indagini è stata infatti accertata la clonazione e riscossione in frode di assegni postali, buoni postali fruttiferi del vecchio tipo e libretti postali a risparmio effettuata da alcuni dipendenti “infedeli” delle Poste. Per rendere ancora più agevole l’attuazione della truffa, l’organizzazione entrava nel sistema telematico di Poste e sostituiva il numero di telefono lasciato come recapito dal malcapitato correntista, con un’altra utenza telefonica attivata con documenti falsi. In questo modo, se un solerte impiegato avesse voluto avere conferma telefonica dell’operazione da effettuare, avrebbe parlato non con l’ignaro titolare del rapporto ma con un componente dell’associazione criminale. I complici dei dipendenti “infedeli” incassavano sia gli assegni, sia i buoni, sia i libretti negli uffici postali della Capitale tramite “teste di legno” o documenti falsi intestati, però, ai reali titolari dei conti, richiedendo contestualmente l’emissione di vaglia circolari o buoni postali fruttiferi di vario importo, intestati ad altri nominativi. Con una tempistica impressionante, lo stesso giorno monetizzavano i vaglia e i buoni reinvestendo le somme con altri prodotti postali o ricariche carte Poste Pay intestati a ulteriori nominativi, completando in questo modo l’opera di riciclaggio.
ARRESTI E DENUNCE – Il personale del Compartimento Polizia Postale e delle Comunicazioni di Roma ha ricomposto quindi il difficile flusso di denaro quantificato in circa 650.000 euro riscossi in frode mentre le truffe tentate ammontano a circa 13.000 euro. L’applicazione del sequestro preventivo di 16.500 euro ha permesso di sventare, in ben due diversi momenti, tentativi di truffa in danno di un conto bancoposta sul quale erano depositate somme superiori al milione di euro. Al termine delle indagini il gip del tribunale di Roma, Gaspare Sturzo, ha disposto l’emissione di undici ordinanze di custodia cautelare di cui tre agli arresti domiciliari eseguiti a Roma, Napoli e Modena. Altrettante, cioè undici, sono le persone invece denunciate in stato di libertà per vari reati dalla sostituzione di persona alla truffa ed altro.
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