Continua a far discutere l’intervista rilasciata a “Il Fatto Quotidiano” dall’ex boss della banda della Magliana, Maurizio Abbatino, la cui figura ha ispirato il personaggio del “Freddo” nel libro e nella serie tv “Romanzo criminale”. A parlarne dai microfoni di Radio Cusano Campus, nella trasmissione ECG Regione, è un altro boss della banda: Antonio Mancini, il “Ricotta” di romanzo e televisione. Durante il programma condotto da Roberto Arduini e Andrea Di Ciancio, Mancini ha commentato le dichiarazioni rilasciate da Abbatino: “Gli dico basta, gli dico di riprendere in mano la sua vita, gli dico di fare qualcosa, di lasciare perdere chi tanto non muoverà un dito per aiutarlo. Abbatino dice che è un morto che cammina? Ma vorrei chiedergli quando mai noi abbiamo camminato da vivi. Se qualcuno dovesse farlo fuori non me la prenderei né con Carminati né con altri, ma con chi lo ha abbandonato. Ad ucciderlo sarebbe lo Stato, nessun altro”.
LO STATO NON SERVE A NULLA – Antonio Mancini racconta: “Quando noi iniziamo la collaborazione ci addolciscono la pillola. Ci parlano di nuova identità, di nuova dignità. Ma poi, all’improvviso, scopri che loro non sappiano nemmeno cosa sia la dignità. Se domani arriva una moto con un cecchino che mi spara, io non me la prendo né con Carminati né con chi per lui”. Prima di Maurizio Abbatino, racconta Mancini, anche lui stesso è stato abbandonato dallo Stato: “Io sono stato cacciato dal programma di protezione molto prima di lui. Ho avuto i miei momenti duri. Poi mi sono guardato attorno e mi sono ripreso la mia vita. Lo Stato non serve a niente. Se dovessi tornare indietro lo farei di nuovo, mi pentirei ancora, ma per me. Dello Stato non mi importa più niente, visto come si è comportato. Sono indignato che Abbatino sia in quelle condizioni, perché prima lo hanno usato e poi lo hanno abbandonato”.
LE REGOLE DEL GIOCO – Secondo Mancini in tanti sarebbero pronti ad uccidere sia lui sia Abbatino semplicemente per aumentare la propria fama criminale: “Ti immagini se domani arrivasse una moto con uno sopra che mi spara e m’ammazza? Quello che può dire di aver ammazzato l’infame Antonio Mancini, da boss di quartiere diventa boss di una intera città. Io ormai ho una nuova vita, quello che potrebbe accadere l’ho messo in conto da sempre. Ho 67 anni, so che nel nostro gioco potevo morire. Io facevo il bandito. Ieri ho sparato io, domani potrebbero sparare a me. Ho accettato delle regole, certe regole una volta accettate vanno ricordate sempre”.
LA BANDA È VIVA E VEGETA – Secondo Antonio Mancini la Banda della Magliana esiste ancora, viva e vegeta: “Ancora prima di mafia capitale gli esperti dicevano che la banda era morta, mentre io dicevo che era viva e vegeta. E infatti così era. È viva, vegeta e prospera, solo che ha cambiato sistema. Noi l’avevamo creata soltanto per opporci alla supremazia delle organizzazioni meridionali, poi invece l’hanno trasformata in un sistema di potere. Roma ormai non la frequento più, ma Roma è Roma, per me non è cambiato niente, si spara solo di meno, perché sparare non è necessario”.
IL CONSIGLIO – Mancini dà poi un consiglio ad Abbatino: “Deve smetterla di dire e non dire. O dice o non dice. Deve fare i nomi. Non è che se ora non fa i nomi diventa di nuovo il “Freddo”. Ormai infame è e infame rimane. Detto tra noi, gli dico, ‘Nun piagnucola’ Abbati’. I magistrati dovrebbero incalzarlo, ora. Farsi dire ciò che lui non vuole dire, ma promettergli comunque qualche cosa, protezione almeno”.
I SERVIZI SEGRETI – Sul rapporto tra la Banda della Magliana e i servizi segreti: “Io ho incontrato diversi uomini dei servizi, ne ho fatto i nomi e li ho portati a processo. C’era un rapporto di dare e avere. Non un contratto, ma quando ti facevano un favore sapevi che poi gli dovevi qualcosa. Basta tenere a mente la faccenda di Moro e Abbatino, su questo, sa molto più di me. Molto più di quello che ha detto. Abbatino parli, racconti la vera storia. Oggi i servizi segreti ci avrebbero chiesto una mano per fronteggiare il terrorismo islamico. Questo potrebbe essere stato uno scambio, visto che oggi ci troviamo in una situazione seria. Ci avrebbero chiesto aiuto come hanno fatto con Moro, quando sono andati da Cutolo, Selis, Giuseppucci e poi da Abbatino. Ci andò un onorevole molto importante”.
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