Quel figlio non l’avrebbero mai fatto nascere. E al quarto mese, quando la gravidanza non poteva più essere nascosta, sono arrivate le minacce e l’obbligo di abortire immediatamente. È successo clandestinamente e senza pietà: il feto asportato e sotterrato in una buca scavata nel terreno. Lei, la vittima, è una prostituta dell’Est Europa. L’aborto obbligato solo l’ultima, la peggiore, delle angherie subite da una banda di aguzzini.
Lei, insieme ad un’altra ragazza “lavorava” a Settecamini, in un piazzola di sosta sulla via Tiburtina. E lì che si sono presentati la prima volta un anziano italiano e le due compari straniere, ex prostitute, con intenti affatto amichevoli: pretendevano settimanalmente una parte cospicua dei loro introiti per potere continuare a occupare quello spazio di strada. L’estorsione è andata avanti per qualche tempo finchè, forse proprio dopo la perdita del suo bambino, le due prostitute si sono convinte a rivolgersi alle forze dell’ordine.
L’operazione dei carabinieri della compagnia di Tivoli è scattata immediatamente e attraverso pedinamenti e intercettazioni telefoniche gli uomini dell’Arma sono riusciti a mettere insieme abbastanza prove per incastrare la banda. Il gruppo partiva in “spedizione” da Guidonia Montecelio, dove era residente, e controllava il tratto romano della via Tiburtina in cerca di lucciole da sottomettere. Hanno anche scoperto che l’uomo, 61enne, si spacciava per un poliziotto e spesso faceva sfoggio di una pistola per mantenere in soggezione le ragazze.
Ora i tre aguzzini sono in arresto, in attesa di giudizio, e l’attività dei militari prosegue per arginare il fenomeno della prostituzione e dello sfruttamento che si consuma lungo le consolari della capitale.
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