Luca è morto per droga. Risolto il giallo di Monterotondo

Cesare Attilia in manette per la scomparsa e l'occultamento del cadevere

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A seguito di una lunga e articolata indagine, personale della Polizia di Stato della Sezione Omicidi della Squadra Mobile di Roma, in collaborazione con la Squadra Mobile di Rieti, nelle prime ore di stamattina ha eseguito un provvedimento cautelare restrittivo emesso dal Tribunale di Roma, su richiesta della locale Procura, in relazione alla scomparsa di Hussein Saleh detto “Luca”, a carico di Cesare Attilia, pregiudicato di 46anni.
Il 3 novembre 2012 i familiari di Hussein Saleh, detto “Luca”, cittadino italiano di origine egiziana, ne hanno denunciato la scomparsa avvenuta nel corso della notte precedente.
Sin dalle prime attività volte alla ricerca dell’uomo sono emersi elementi che hanno reso dubbia la possibilità di un allontanamento volontario o di un malore accidentale.
Sono state avviate immediatamente attività tecniche finalizzate alla ricerca dell’uomo che hanno indirizzato nelle cittadine di Orvinio (RI) e Monterotondo (RM).
Successivi approfondimenti hanno permesso di accertare che nella tarda serata del 2 novembre, dopo aver cenato in compagnia della cugina e di un’amica, la vittima era andata alla ricerca di stupefacente da consumare.

LA DROGA E LA SCOMPARSA – Accertata l’indisponibilità dello stupefacente da parte di spacciatori già noti alla vittima stessa, quest’ultima si era rivolta ad una sua vecchia conoscenza, Cesare Attilia, il quale poco dopo la mezzanotte si è recato a Roma per incontrare Hussein ed in sua compagnia ha fatto ritorno presso la propria abitazione di Orvinio.
Attilia ha sempre dichiarato di aver cenato con Hussein in casa sua ed insieme si erano intrattenuti a parlare, in considerazione del fatto che i due non si vedevano da anni visti i cinque anni di detenzione che Hussein da poco aveva finito di scontare. Sempre secondo quanto raccontato da Attilia, i due si sarebbero addormentati insieme; poi, durante il pomeriggio del 3 novembre, avrebbe egli stesso riaccompagnato l’amico a Roma, interrompendo però il viaggio a Monterotondo dove i due, su richiesta della vittima, si sarebbero congedati.

ECCO LA VERITÀ – Le indagini hanno poi rivelato tutt’altro scenario.
Effettivamente Hussein è andato con Attilia ad Orvinio, ma durante l’incontro Attilia ha ceduto sostanza stupefacente a Hussein, la cui assunzione dovrebbe averne causato la morte, con il conseguente occultamento del cadavere da parte di Attilia al fine di allontanare eventuali sospetti a suo carico. Immediatamente dopo, infatti, lo stesso ha tentato in ogni modo di depistare le indagini.
Dapprima ha spostato il telefono cellulare della vittima, facendo credere che l’uomo fosse vivo e che volontariamente avesse deciso di non tornare a casa. Tali spostamenti del telefono sono stati registrati ed addebitati con certezza ad Attilia, fino alla mattina del 4 novembre quando da quell’utenza ha fatto una chiamata al 112, senza conversazione, dopodiché non sono più stati registrati segnali del telefono.

LE CHIAMATE – Dalla mattina del 3 alla mattina del 4 novembre il telefono della vittima ha registrato oltre 500 chiamate in entrata, provenienti dai familiari e dal datore di lavoro, preoccupati della scomparsa dell’uomo. Tutte le telefonate non hanno avuto risposta.
Nei giorni successivi i familiari si sono attivati per distribuire volantini con la foto dello scomparso e i recapiti telefonici da contattare in caso di avvistamento soprattutto a Monterotondo, luogo in cui il cellulare della vittima era localizzato.
Attilia ne ha approfittato e, per far credere che l’uomo fosse ancora vivo, ha dato mandato a due persone, non ancora identificate, di chiamare i familiari della vittima da due diverse cabine telefoniche, una situata a Monterotondo ed un’altra nella zona est della Capitale, riferendo loro di aver avvistato “Luca” in compagnia di un giovane del quale hanno fornito la medesima descrizione.
Gli accertamenti effettuati hanno consentito di appurare che al momento di tali telefonate Attilia si trovava nei pressi delle due cabine telefoniche, per poi allontanarsene immediatamente dopo.

LA SCOMPARSA A MONTEROTONDO – Attilia ha riferito, inoltre, ad un familiare della vittima che l’interruzione del percorso verso Roma era stato determinato dall’avvistamento, da parte dell’amico, di un suo conoscente, persona con cui la vittima aveva avuto problemi in carcere. Le indagini hanno effettivamente riscontrato l’esistenza della persona indicata da Attilia, sconfessando però la sua presenza a Monterotondo in quei giorni.
Attilia ha inoltre cambiato diverse volte la versione dei fatti, poiché in alcuni casi ha ammesso di non aver mai incontrato la vittima, in altri invece ha riferito di essersi intrattenuto per pochi minuti a Roma, in altri ancora di averlo accompagnato ad Orvinio dove avrebbero cenato e conversato: tutte versioni contraddittorie, dunque, e prive di qualsiasi riscontro.
Contestualmente sono state svolte attività finalizzate alla ricerca del cadavere anche mediante l’ausilio di unità cinofile specializzate, al momento ancora senza esito, ma che verranno ripetute presso nuove eventuali aree che potranno essere individuate in seguito.

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