Un altro caso di baby squillo in provincia. E con questo fanno cinque. Questa volta siamo a Ladispoli dove tre ragazzine si prostituivano per racimolare qualche spiccio, farsi pagare una ricarica telefonica o una birra.
LA RICOSTRUZIONE – A dare l’allarme, lo scorso autunno, la madre di una delle ragazzine, preoccupata perchè la figlia non si comporta come una della sue età: esce ed entra quando vuole, se rientra, a volte rientra ubriaca. Finchè un giorno la figlia scompare. Ma già da tempo erano stati i Servizi Sociali, a seguito di alcune segnalazioni di un Istituto scolastico, a segnalare i casi alle forze dell’ordine e al sindaco di Ladispoli Crescenzo Paliotta.
LA BABY SQUILLO DI CAPENA – «La paghetta settimanale di 50 euro dei miei genitori non mi bastava più. È stata una mia compagna di scuola a consigliarmi di rivolgermi a Guidotti. Lei indossava bei vestiti e gli ho domandato come li comprava. Glauco si è occupato di trovare i clienti. Ogni incontro sono stata pagata circa duecento euro. La maggior parte del denaro è rimasta nelle mie tasche». Questa in poche righe la testimonianza, resa nel corso dell’incidente probatorio, da dalla baby escori, protagonista del caso di prostituzione minorile scoperto a Capena.
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