«Stavamo festeggiando il diciottesimo compleanno di mia sorella in un locale a Ostia e, dopo essermi allontanato per qualche minuto dalla festa, per cercare lì vicino un albergo dove far dormire i miei fratelli, mi accorgo – al mio ritorno nel club – che era in corso uno screzio tra mio fratello e degli estranei, non invitati e che oltre ad essersi intrufolati avevano importunato, con proposte oscene, mia sorella. Al mio arrivo erano già intervenute le forze dell’ordine, sedando in prima battuta gli animi e, mentre parlavo con gli agenti – quando tutto sembrava ormai essersi risolto – sento le urla della mia ragazza che implorava, gridando ripetutamente “vi prego fermatevi”. La mia ragazza e mio fratello erano a circa 300 metri dal locale, quindi mi precipito verso di loro e nel frangente osservo mio fratello cadere rovinosamente in terra colpito dai pugni sferrati violentemente dal branco che continuava a pestarlo». Sono queste le prime parole del noto cantante Mannarino, arrestato la scorsa notte a Ostia. L’artista romano era infatti stato fermato al mare di Roma insieme al fratello.
ECCO LE ACCUSE PER LUI – Rissa, resistenza a pubblico ufficiale (come riportava il quotidiano online la Repubblica) le accuse delle quali il cantante, che proprio a luglio sarà in concerto nella capitale, ha dovuto rispondere. Ma le sue parole, chiariscono meglio la dinamica dei fatti.
LA DIFESA – «Vicino a lui – spiega Mannarino – c’era la mia ragazza con il viso grondante di sangue e con una profonda ferita all’occhio. Arrivato finalmente da lei, vengo immediatamente afferrato, cinto alle spalle e strattonato via. Io ovviamente reagisco non comprendendo immediatamente che si trattasse dello stesso personale di polizia con il quale stavo parlando poco prima e che mi aveva seguito, anche loro allarmati dalle urla. Cercando inutilmente di divincolarmi, per soccorrere mio fratello e la mia fidanzata, devo aver consumato involontariamente una resistenza a pubblico ufficiale. Ovviamente questo non era nelle mie intenzioni e tanto meno fa parte del mio carattere. Mio fratello urlava che gli aggressori erano gli stessi del locale e li indicava alle forze dell’ordine mentre questi riuscivano a darsi alla fuga. Solo uno di loro è stato rintracciato e arrestato. Da quel momento non vedo più la mia ragazza e comincio a chiedere di soccorrerla, col timore che – invece – lasciata sul posto, non solo rimanesse priva di assistenza medica ma, peggio, potesse di nuovo diventare oggetto di violenze da parte di quegli aggressori. In quei frangenti ho urlato e fatto di tutto per cercare di raggiungere le due persone a me care. Sono stati attimi dove i miei pensieri erano molto confusi, ero caduto nel terrore, preso dall’ansia e dall’agitazione per le condizioni di salute di mio fratello e della mia fidanzata col viso pesto di sangue. Non mi sono reso conto – conclude l’artista – che dovevo fidarmi dell’operato della polizia e quindi senza rendermi conto della gravità del mio gesto ho opposto loro resistenza, anche con frasi dettate esclusivamente dall’esagitazione del momento».
ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER DI CINQUE QUOTIDIANO
[wpmlsubscribe list=”9″]