«Non ci doveva essere una fuga di notizie.”Era intenzione della Procura mantenere il massimo riserbo sul fermo di Massimo Giuseppe Bossetti, fermato per l’omicidio diYara Gambirasio». All’indomani dell’annuncio a Roma del ministro a Roma è polemica sulla diffusione dl nome del’assassino di Yara Gambirasio.
«Questo – ha spiegato il procuratore Francesco Dettori – anche a tutela dell’indagato in relazione al quale, secondo la Costituzione, esiste la presunzione di innocenza». Il magistrato ha anche puntualizzato che gli inquirenti puntavano a mantenere la vicenda sotto silenzio.
QUATTRO ANNI DI INDAGINI – Quattro anni è durato il mistero dell’omicidio di Yara Gambirasio. Era il 26 novembre 2010 quando Yara lascia la palestra in cui pratica la ginnastica ritmica ad appena 700 metri da casa e di lei si perdono le tracce. Dal suo telefonino parte un sms di risposta ad un’amica. Alle 18.47 il suo telefonino viene agganciato dalla cella di Mapello, un comune distante circa tre chilometri da Brembate, poi la traccia scompare.
LA SCOPERTA A ROMA – Il genetista dell’Università di Roma Tor Vergata, consulente tecnico per la genetica forense dei Tribunali di Roma e di Urbino e collaboratore della Polizia Scientifica della Direzione Centrale Anticrimine, è tra coloro cui gli inquirenti si sono rivolti per cercare una svolta in quell’indagine tanto complessa. È stato lui ad arrivare alla conclusione che il killer fosse il figlio illegittimo dell’autista: “Il Dna indica presenze, mai responsabilità
I SOSPETTI SUL MAROCCHINO – Mohamed Fikri, che lavora in un cantiere edile di Mapello è fermato a bordo di una nave diretta a Tangeri. Contro di lui alcuni indizi, tra i quali un’intercettazione ambientale in cui sembra affermi “Allah perdonami, non l’ho uccisa”. Ma la traduzione era sbagliata.
LA LETTERA ANONIMA – Arriva una lettera anonima che annuncia che il corpo di Yara è nel cantiere di Mapello. La lettera non è tenuta in considerazione anche perché il cantiere era già stato più volte controllato e ispezionato.
IL RITROVAMENTO DEL CORPO – Il 26 febbraio 2011 Il corpo di Yara, a tre mesi esatti dalla scomparsa, è ritrovato in un campo a Chignolo d’Isola, ad una decina di chilometri da Brembate (Bergamo). Le indagini appureranno che è stata uccisa sul posto, colpita da alcune coltellate e morta anche per il freddo.
IL DNA – Il 15 giugno 2011 gli investigatori isolano una traccia di dna maschile sugli slip della ragazza che, a differenza degli altri tre già esaminati, non sarebbe suscettibile di contaminazione casuale. Sarebbe il dna dell’assassino. Un profilo genetico che non è tra i 2.500 raccolti in quei mesi dagli investigatori. 18.000 i prelievi di Dna effettuiati nella provincia di Bergamo e condotti per le analisi all’università di Tor Vergata. Tra questi figura anche un nipote di Giuseppe Guerinoni, frequentatore della discoteca adiacente al luogo del ritrovamento della piccola Yara. Da quelle analisi si deduce che Giuseppe Guerinoni è il padre dell’assassino. Ma i figli, dopo un prelievo, sono stati subito esclusi. Non rimaneva che la pista del figlio illegittimo. la traccia genetica trovata su Yara era stata infatti confrontata dalla polizia scientifica di Roma e dall’università di Tor Vergata con il Dna dell’autista di Gorno, ricavato da un vecchio francobollo sulla patente di guida di Guerinoni. In quel caso la compatibilità era risultata pari al 99,9999927%. Il confronto con il profilo genetico estratto da un femore del bergamasco dall’antropologa forense Cattaneo ha dunque garantito lo 0,00000717% di compatibilità in più.